La Terza Via, il Corporativismo e la carta del 1948
La Costituzione italiana è stata spesso al centro di aspri dibattiti, ancor più oggi nell’epoca dell’emergenza pandemica.Molti l’hanno costantemente dipinta come la «più bella del mondo», per l’ampio spazio dato ai diritti politici e civili, altri l’hanno messa sul banco degli imputati considerandola obsoleta e incapace di garantire continuità politica e poteri adeguati ai governi.
Eppure la parte più significativa risiede negli articoli che trattano di materie economiche: programmazione, ruolo economico dello Stato, riconoscimento giuridico dei sindacati, collaborazione dei lavoratori alle imprese, disciplina pubblica del credito, il Cnel, sono tutti elementi ricchi di spunti per chi volesse superare i dogmi del neoliberismo e dell’individualismo.
Questo studio vuole andare alle radici di quelle impostazioni, che si collegano direttamente alle idee di «terza via» e socializzazione espresse dal fascismo, ripercorrendo minuziosamente tutto il dibattito costituente, la storia e il bagaglio culturale di tanti protagonisti.Uomini come Fanfani, Moro, Pergolesi e Mortati dovevano gran parte della loro formazione al corporativismo, teoria che tra le due guerre ambì a superare il liberismo, recitando un ruolo importante nel dibattito globale seguente alla crisi del ’29 e divenendo un modello internazionale per molti paesi.Anche istituti come l’Iri, l’Agip e le strutture dello Stato sociale furono usati proficuamente nel dopoguerra dopo il ritorno del pluralismo partitico e sindacale in Italia.
Infine, ampi settori dell’Msi e della Cisnal cercarono di elaborare riforme radicali della Costituzione, ma di fronte alla parte economica si affermò l’idea di promuoverne l’attuazione concreta, sulle linee di partecipazione e centralità del «lavoro» che già erano stati i capisaldi delle frange rivoluzionarie e sociali del regime.
Un libro di Francesco Carlesi e Gianluca Trabucco
Lascia un commento