di Andrea B. Nardi (www.andreanardi.it)
Negli ultimi cinquant’anni il mondo ha subìto un’accelerazione vertiginosa e inimmaginabile, invece il dibattito economico rimane incredibilmente ancora impantanato in posizioni vecchie di due secoli. Mentre abbiamo assistito inermi alla formazione di patrimoni privatistici che fanno impallidire qualsiasi fantasia faraonica del passato, e, parimenti, di imperi commerciali multinazionali al cui confronto la leggendaria Compagnia delle Indie pare una ditta di dilettanti (e, d’altro canto, gli Stati hanno liquefatto le proprie prerogative sovrane regalandole di fatto e di diritto a superiori entità private) gli intellettuali e i politici seguitano a perdersi in discussioni e schieramenti basati sull’antica contrapposizione fra liberismo e statalismo. Quando gli stessi teorici di tali filosofie non avrebbero mai potuto nemmeno lontanamente profetare gli sviluppi economici, finanziari, geopolitici, culturali che sarebbero emersi tanto prepotentemente nel nostro povero pianeta.
Lo statalismo-comunista ha fallito, ha fallito il neoliberismo-capitalista. Di entrambi l’Occidente ha ereditato i peggiori difetti. Subiamo uno Stato vessatorio, opprimente, governato da una politica di incompetenti, corrotti, mentitori, senza onore. Viviamo in una società ingiusta, mortificata, depauperata, gestita da mercati finanziari predatori, corruttori, mentitori, senza onore. Il sogno democratico vagheggiato per secoli, millenni, e finalmente realizzato nel secondo dopoguerra, è svanito. Il colpo di grazia in Europa è stato regalare la sovranità monetaria alla BCE, una corporazione di banche private che ha in mano i destini dei popoli. Le popolazioni europee e nordamericane, per prime, sono vittime dei finanzisti, termine coniato per indicare chi auspica un mondo dominato dai consigli d’amministrazione degli istituti di credito, banche ombra, holding finanziarie, corporation multinazionali.
Immaginiamo quindi di inserire un terzo termine che sia fusione dei binomi precedenti, e, presuntuosamente, lo definiamo garantismo di sintesi, o garantismo sintetico, dove la sintesi è nella composizione dei vantaggi di entrambi i sistemi, quello liberista e quello statalista, adottandone non il peggio – come sta accadendo in questo momento – bensì il meglio. Un sistema in cui l’iniziativa privata sia davvero garantita a tutti i privati cittadini, e non solo alle grandi società commerciali; in cui lo Stato impedisca che a sé stesso si sostituiscano quelle; e in cui lo Stato si limiti a proteggere i cittadini, non a vessarli. Chi scrive teorizza, appunto, uno Stato garantisca, garante dei diritti di tutti, specialmente dei più deboli (infanzia, anziani, malati, disoccupati: oggi gli emarginati della società), garante della democrazia e delle libertà, dove in primis è garantito l’individuo, ma è garantito non solo dalle degenerazioni interventiste e soffocanti dello Stato ma anche da quelle di quei soggetti commerciali privati assurti a potere pari o addirittura superiore a quello statale, soggetti il cui “dio-faro” è istituzionalmente il profitto per i propri azionisti, avulso da ogni rispetto per le comunità sociali, soggetti oggi in grado di dirigere le politiche internazionali e condizionare il pensiero delle masse come mai alcun incubo letterario aveva mai potuto concepire.
Lontana da posizioni pauperiste o misoneiste, la garanzia sintetica promuove l’iniziativa individuale e d’impresa, proteggendola sia da arbitrarie interferenze stataliste, sia da prevaricazioni di altrettante entità private a danno di altri soggetti. Lo Stato garantista dovrebbe evitare proprio le distorsioni causate dall’impiego di mezzi economici privati a danno delle democrazie, così come dovrebbe garantire i cittadini dallo sfruttamento personale che essi rischiano da parte di altri soggetti privati: privati che controllano la sanità pubblica, gli istituti di credito, le infrastrutture, l’editoria, la cultura, le materie prime, le strategie industriali, la produzione legislativa. Per quanto sia sacrosanta l’iniziativa privata e deleteria l’intromissione statale, a volte vale esattamente l’opposto. È necessario trovare un compromesso tra i due poli, una sintesi, garantendo sia che il potere economico privato non vada a danno degli altri cittadini, sia che lo Stato non si trasformi in poliziotto dispotico.
Vagheggiamo uno Stato che garantisca i più deboli e difenda a spada tratta la democrazia, che controlli i più forti affinché non ledano gli altri, che si ritragga ove non serva, che misuri la propria invadenza, che dia corretto sprone alla concorrenza, ma che sia inflessibile con gli arroganti, siano essi privati o pubblici. E perché uno Stato di tal guisa abbia la forza di garantire tutto ciò bisogna prima di tutto che esso abbia il potere finanziario: il potere sovrano di creare moneta sovrana. Lo Stato garantista di sintesi non si proclama né liberista né conservatore poiché entrambi tali ideologie antiquate, di fatto sostengono gli interessi di potentati plutocratici e lobby private, infarcendo la loro offerta politica di demagogie, populismi e sterili conformismi: assoggettata a posizioni distanti dall’interesse democratico e dal benessere sociale, l’offerta politica di questi si è appiattita, ricattata e succube del finanzismo, impastoiata in legislazioni autoritarie coi deboli e sottomesse coi poteri forti. Lo Stato garantista, al contrario, si erge a protettore della pluralità, tutelando le persone e i loro diritti naturali e civili, facendosi scudo contro ogni arroganza e prevaricazione, provenga essa dal privato come dal pubblico.
Garantire l’iniziativa privata come si propone lo Stato garantista, però, non può – più – essere l’alibi per alimentare le aggressioni del grande capitale a danno delle democrazie e dei cittadini; così come ampliare il raggio d’azione del welfare in un’ottica post-kennediana non deve diventare strumento di parassitismo sociale né di ingerenza statalista arbitraria nella vita degli individui. Garantire l’iniziativa privata individuale non significa lasciare campo libero alla legge della giungla, all’homo homini lupus, perché, a differenza di quanto immaginavano i proto e neo liberisti, il mercato non si autoregola per nulla da sé, e le crisi sociali, economiche e politiche più tragiche del nostro tempo si sono verificate proprio quando il mercato è stato lasciato allo stato brado. Al contrario, proteggere interessi e iniziative individuali significa creare e mantenere le condizioni affinché cittadini comuni, famiglie e imprese non siano oppressi dallo strapotere di altri soggetti privati prevaricatori, siano essi persone o imprese, o finanche Stato.
D’altro canto, garantire diritti comuni a tutti, e sostegni ai più deboli, non significa creare accentramento statalistico, ed è sbagliato confondere l’assistenzialismo costruttivo col collettivismo totalitario; al contrario, garantire opportunità e benessere significa far arretrare lo Stato da intromissioni oppressive, e assestarlo invece su precisi compiti fattivi di miglioramento sociale e garanzie esistenziali. Al centro del sistema del garantismo di sintesi non c’è più lo Stato attorno a cui orbitano individui definiti contribuenti, consumatori, sudditi…: il sistema garantista sintetico, invece, è individuo-centrico, con lo Stato che si limita a promuovere personalità e attività dei cittadini tutelandoli da qualsiasi soggetto terzo – pubblico e/o privato – per evitare ogni abuso.
La Teoria Monetaria Moderna e le riforme del futuro
Per ripristinare e per difendere la democrazia occorre, allora, cominciare a ragionare in fretta su precise modifiche legislative, frutto di una presa di coscienza teorica che finalmente superi le ragnatele del passato. Il garantismo di sintesi vuole essere punto di approdo e di ripartenza dalla sterile contrapposizione di liberismo e statalismo. Come? Propugnando una innovativa visione economica basata essenzialmente sulla Teoria Monetaria Moderna, la quale non offre solo gli strumenti pratici per uscire in modo definitivo dalle problematiche di spesa statale e di investimenti pubblici, creando situazioni di notevole – e inaudito – benessere e prosperità; ma dà origine a una prospettiva affatto diversa sulle dinamiche finanziarie, monetarie, politiche e sociali all’interno degli Stati.
Tuttavia, per progredire seriamente verso un nuovo equilibrio di rapporti fra Stato e cittadini, occorre mettere mano in fretta ad una serie di riforme giuridiche; ci limiteremo a citarne solo alcune.
– Recupero della sovranità monetaria statale con l’uscita dall’attuale sistema UE governato dalla BCE.
– Impedire qualsiasi forma di debito pubblico fra Stato e soggetti finanziari privati, e, per sovvenzionare la spesa pubblica, utilizzare invece i meccanismi di creazione del denaro patrocinati dalla Modern Monetary Theory, unico modo per sfuggire ai ricatti finanziari dei colossi bancari internazionali.
– Abolire il famigerato Gramm-Leach-Bliley Act firmato dal presidente Clinton e le normative a esso collegate, e ricostituire la precisa e ineludibile differenziazione tra l’attività bancaria tradizionale (deputata al risparmio, meglio se statale) e l’attività bancaria di investimento (indirizzata alla speculazione), in modo tale che l’intera massa totale dei risparmi dei popoli non sia più soggetta al rabbrividente e costante pericolo di andare in fumo per i giochi criminogeni di Wall Street, come sta esattamente succedendo ora.
– Riconsiderare un nuovo regime giuridico sul concetto di soggetto privato. Mario Rossi, la sua famiglia e la sua piccola impresa sono soggetti privati; Microsoft, Unicredit, e Big Pharma sono altrettanti soggetti privati. È evidente come i due gruppi non abbiano più alcun elemento in comune, se non di non essere soggetti pubblici: il primo non ha più alcuna influenza politica, ha sempre meno diritti, è succube di autoritarismi statalistici e privatistici, vive in bilico a crisi finanziarie, disoccupazione, rincari, e immiserimenti; il secondo gruppo ha ingigantito in modo titanico il proprio patrimonio pecuniario, il proprio potere politico, la propria corruttela culturale. Per esempio si potrebbe, allora, introdurre una differenziazione tra soggetti privati perfetti (individui, imprese, associazioni: al di sotto di una certa capacità patrimoniale e di influenza commerciale), e soggetti privati alieni (di particolare entità patrimoniale e industriale, tale da risultare necessaria un’attenzione pubblica sulla loro potenzialità prevaricatrice e di influenza politica e sociale, atta a evitare vulnus anti-democratici, fino alle attività di lobby, di predominio finanziario ed economico, di illegalità e clientelismo paleso od occulto): a tali soggetti, in ragione e compensazione del loro strapotere finanziario e di dominanza nel tessuto nazionale, potrebbero essere applicate restrizioni giuridiche, sociali, e politiche.
– Ulteriore diversificazione deve riguardare il concetto di bene, a cui è necessario aggiungere specifiche sottocategorie. Tra i beni pubblici bisogna individuarne alcuni definibili come comuni, che dovranno essere inalienabili, non soggetti a privatizzazioni né a esternalizzazioni: risorse energetiche, acqua, enti sanitari, trasporti. Tra i beni privati bisogna individuarne alcuni detti primari, che verranno concessi automaticamente ai cittadini che altrimenti ne resterebbero privi: prima casa, privacy, segreto bancario, gestione del proprio corpo e della propria salute, pensione sociale, assistenza sanitaria, istruzione.
– Parecchie riforme devono giocoforza interessare l’attuale ordinamento costituzionale italiano, poiché sono sotto gli occhi di tutti gli inceppamenti dell’attuale; alcune ipotesi:
# La figura del presidente della repubblica in carica ben sette anni rinnovabili è anacronistica sia per funzione sia per durata di mandato: essa non interpreta la volontà popolare ed elettorale, e può arbitrariamente stravolgere i risultati delle elezioni facendo governare esattamente chi ha perso in luogo di chi ha vinto.
# La dinamica della fiducia parlamentare, lungi da garantire un controllo bicamerale sull’attività dell’esecutivo, si risolve, al contrario, in un brodo primordiale di alleanze di potere, di ricatti e favoritismi fra decine di gruppi e sottogruppi partitici, da cui scaturisce la scandalosa pratica della caccia ai singoli voti, dei tatticismi di partito, delle posticce architetture di palazzo, in luogo del buon governo, del senso etico della democrazia, e degli interessi del popolo. Un meccanismo presidenziale con elezione popolare diretta e durata predefinita garantirebbe di certo una migliore governabilità sia da parte esecutiva sia da parte legislativa.
# Occorre rivedere il sistema retributivo dei parlamentari. Per evitare votazioni parlamentari non improntate all’interesse politico nazionale e secondo coscienza etica e dianoetica, bensì al mero calcolo patrimoniale personale, urge modificare il metodo delle retribuzioni. Attualmente si assiste a votazioni tese a non far cadere il Governo a qualsiasi costo pur di non perdere retribuzioni e vitalizi, questi ultimi concessi solo a compimento della legislatura: ciò è una vergogna. Si potrebbe ipotizzare una retribuzione concessa per intero pure ove la legislatura non venisse completata per uno scioglimento anticipato delle Camere: in tal modo il parlamentare non dovrebbe temere di votare negli interessi del Paese invece del proprio portafoglio, sapendo che comunque riceverà il proprio “stipendio” pure se non completasse i cinque anni di legislatura. Tale durata, effettiva o virtuale, conterebbe anche ai fini pensionistici. Non ci sarebbe, di contro, alcun vitalizio supplementare. La necessità di mantenere un’elevata retribuzione a deputati e senatori è atta a scongiurare che solo i ceti abbienti abbiano la disponibilità a sospendere la propria professione e trasferirsi a Roma per la durata del mandato.
Cominciare a ricostituire visioni economiche e politiche che partano dalla contemporaneità e dai suoi articolati aspetti, e si proiettino in un futuro troppo eterogeneo rispetto al passato accademico, è essenziale per sperare di sconfiggere l’attacco alle democrazie in atto in questo momento da parte di soggetti antidemocratici nuovi storicamente e interessati unicamente al proprio potere lucrativo.
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