di Francesco Marrara
Nel contesto dell’economia di mercato esiste un’alternativa al sistema capitalista che deriva direttamente dalla tradizione economica italiana: l’economia civile. Essa rappresenta una forma di organizzazione del mercato improntata sui principi di reciprocità e fraternità. A questi principi si affiancano alcune parole d’ordine come felicità, onore, virtù, e bene comune. Pietre angolari dell’economia civile sono Antonio Genovesi (1713-1769) e Giacinto Dragonetti (1738-1818). Il primo è l’autore più noto poiché la sua figura è legata all’opera “Lezioni di economia civile”. Il secondo, allievo di Genovesi, scrisse “Delle virtù e de’ premj”. Tra gli economisti che attualmente si occupano di economia civile spicca la figura di Stefano Zamagni. Ex presidente dell’Agenzia per il terzo settore, Zamagni è apprezzato in tutto il mondo per i suoi studi in materia di economia sociale.
Alcuni pensatori dell’economia civile
Tra i pensatori, diretti ed indiretti, di questa concezione dell’economia oltre i già citati Genovesi e Dragonetti si ricordano tra i tanti: Amintore Fanfani, Achille Loria, John Ruskin, Giorgio Fuà, Giuseppe Toniolo, Antonio Rosmini, Luigi Einaudi, Luigi Sturzo, Paolo Sylos Labini, Federico Caffè, François Perroux, Giacomo Beccantini, Amartya Sen, Vandava Shiva, Serge Latouche, Muhammad Yunus.
Pubblico, privato, civile
In seguito alla diffusione dei fenomeni della globalizzazione e della finanziarizzazione dell’economia ripensare ad una nuova economia, secondo una prospettiva etica e non prettamente individualistica, risulta quanto mai necessario. In tal senso, facendo salvi i concetti di mercato e finanza, l’economia civile prevede l’esportazione della concezione mutualistica e comunitaria dall’impresa all’intera società[1]. Ecco che, affondando le radici nell’Umanesimo civile del XV secolo, Zamagni propone un nuovo ordine sociale improntato sulla tricotomia pubblico (Stato e enti pubblici), privato (mondo delle imprese), civile (organizzazioni della società civile, cioè i corpi sociali intermedi). Si tratta, dunque, di una visione – alternativa al modello economico anglosassone e da non confondere né con il terzo settore né con il mondo non profit – volta ad influire sull’economia e sull’intera società.
L’economia civile nel III millennio: alcuni interrogativi
L’economia civile consta di una weltanschauung ben precisa e che potrebbe risultare utile a comprendere, analizzare e perché no risolvere le problematiche odierne legate alla crisi del capitalismo finanziario. D’altro canto, ai pensatori sopracitati occorrerebbe affiancarne altri – ugualmente eterodossi e fortemente critici del sistema economico capitalista – provenienti da esperienze formative differenti. Su questo punto bisognerà trovare una sintesi organica e strutturata in grado costituire un interessante paradigma da contrapporre all’attuale pensiero economico e sociale dominante. Per cui, l’economia civile potrebbe costituire una valida “Terza via” al pubblico e al privato? L’economia civile potrebbe risultare una evoluzione, in chiave “civile”, della Terza via? È auspicabile una convergenza fra la Terza Via economica e l’economia civile? Come fare attecchire, nella società del XXI secolo, tale pensiero economico? È possibile integrare il concetto di Democrazia organica con quello di Democrazia deliberativa proposto da Zamagni in tema di economia civile?[2] Sono questi alcuni degli interrogativi sui quali aprire e sviluppare un dibattito serio e costruttivo.
[1] Bruni, L., Zamagni, S., “L’economia civile”, Il Mulino, 2015, p.19.
[2] https://www.benecomune.net/rivista/rubriche/parole/democrazia-deliberativa/
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