LA GUERRA DELL’ENERGIA E IL RUOLO DELL’ITALIA (parte 1)

LA GUERRA DELL’ENERGIA E IL RUOLO DELL’ITALIA (parte 1)

Lo scenario energetico mondiale e’ attraversato da una fase di profondo mutamento dovuto al riequilibrio del potere nel sistema delle fonti fossili e dalla grande avanzata delle fonti rinnovabili. La transizione energetica, nata dalle spinte ecologiste, le sta ora utilizzando per imporre un nuovo paradigma tecnologico-industriale, che  riposiziona il sistema tecno-progressista, fondato sull’innovazione,  da grande inquinatore a salvatore del pianeta. 

Dunque al contrario di quanto affermato da alcuni interpreti del “cambiamento climatico” che individuano soprattutto nell’industrializzazione  la colpa del surriscaldamento globale, sono proprio i sistemi  di vecchia e anche di nuova industrializzazione ad aver da tempo individuato, attraverso innovazioni, norme sostenibili, e tecnologie energetiche alternative alle fonti fossili, la soluzione. Come dimostra anche il recente premio Nobel per la chimica, conferito agli inventori della batteria al litio.

La costante e rapida crescita delle energie rinnovabili nel sistema energetico mondiale se da un lato risponde alle esigenze di riduzione dei fattori climalteranti e inquinanti,  dall’altro rivitalizza settori molto maturi, quali quelli dell’energia da fonti fossili e della mobilità, con innovazioni incrementali di prodotto e di processo, come il fotovoltaico, le batterie, le auto elettriche ed ibride.

Il disegno della transizione energetica, fortemente promosso da summit, carte internazionali, convegni, norme, standard e ultimamente anche da movimenti di piazza, va oltre il cambiamento climatico, che tuttavia ne è lo sfondo e lo legittima, e mira a  sostituire tecnologie e prodotti obsoleti, e quindi anche inquinanti e economicamente poco profittevoli, con nuovi prodotti ecologici, in grado di rispondere alle esigenze del consumo “sostenibile” globale.

L’insieme di queste tendenze costituisce la base per una transizione epocale, dalla generazione del  carbone alla generazione del sole, dallo stock al flusso, e determina  una   rivoluzione nelle strutture e nelle dinamiche del sistema energetico, e quindi economico. Il progressivo passaggio da un modello energetico-industriale basato sulle fonti fossili – globale, costituito da poche materie prime presenti in pochi paesi e controllato nei processi di produzione e distribuzione da pochi attori pubblici e privati, dove il fattore chiave di successo e’ la proprietà dei giacimenti – a un modello con un sempre più consistente posizionamento competitivo delle fonti rinnovabili – locale e costituito da fonti universali  e inesauribili (sole, aria, acqua, terra ) – passando da un logica di dipendenza centralista alla generazione distribuita, dove il fattore chiave di successo è l’innovazione tecnologica.

Le  tecnologie delle energie rinnovabili sono diventate più solide e più efficienti grazie alla rapida introduzione di innovazioni, dalla produzione allo stoccaggio e distribuzione, e producono energia anche in condizioni non favorevoli, come possono essere una bassa velocità del vento o una ridotta irradiazione solare. Se dunque sino a pochissimo tempo fa le energie rinnovabili dipendevano prevalentemente  da scelte istituzionali, per la riduzione dell’inquinamento o per l’indipendenza energetica, oggi il loro sviluppo dipende anche dal prezzo e dalla propensione all’investimento, ovvero dal mercato. Il costo della generazione elettrica dell’eolico è diminuito di circa un quarto dal 2010, quello del fotovoltaico del 73%,  per merito di dinamiche di mercato e dell’ evoluzione tecnologica. Le fonti rinnovabili attirano due terzi degli investimenti mondiali in capacità di generazione, gli investimenti totali nelle energie rinnovabili sono cresciuti da 40 miliardi di dollari nel 2004 ai  333 miliardi nel 2017.

Le rinnovabili aprono ampi spazi competitivi in territori sino a poco fa molto chiusi, delimitati da vecchi e forti poteri, scatenando una più o meno palese guerra dell’energia, da sempre non solo  combattuta con la regola del rapporto di scambio e con le armi del potere d’acquisto, per la conquista della posizione dominante all’interno di ogni singola fonte energetica, e per la ricerca del predominio tra le diverse fonti. Chi controlla le forme e le fonti di energia, chi gestisce le evoluzioni delle tecnologie per l’energia, controlla la sostanza basale del mondo.

La lotta per le risorse energetiche è stata ed è  spesso uno dei principali fattori scatenanti in diversi conflitti; il controllo delle risorse energetiche si traduce in peso geopolitico per alcuni paesi e in vulnerabilità economica per altri. Ma se il potere sulle fonti fossili si esplica nella proprietà dei giacimenti e nel controllo delle rotte, il potere sulle fonti rinnovabili è si ancora legato alla proprietà delle miniere delle materie prime ma è basato soprattutto nella capacità di fare innovazione e sulla forza del sistema industriale per la produzione delle componenti tecnologiche.

La guerra dell’energia è la guerra tra le  forze dell’innovazione, rappresentate dalle energie rinnovabili,  e le forze della conservazione, rappresentate dalle fonti fossili. Una guerra dunque combattuta con le moderne armi della tecnologia, dei brevetti, della finanza e del marketing, dove  Stati e imprese competono  con le armi dell’esplorazione, della ricerca e sviluppo  e del prezzo per la definizione delle direzioni strategiche,  per il reperimento delle risorse e delle materie prime, per la determinazione  delle regole, per la ricerca e per il possesso delle innovazioni, per la nascita di nuove filiere industriali. Certo la guerra dell’energia è stata ed è ancora guerra vera e propria, combattuta con missili, navi ed eserciti,  per la conquista di giacimenti di gas, petrolio, carbone;   ma in quest’epoca, nell’era della transizione energetica, il fronte si sta spostando sempre di più nella ricerca e sviluppo, nell’innovazione e nei brevetti. Ma se da una prima impressione sembra che il vincitore della guerra dell’energia sia il mercato, con maggiore profondità si evidenzia che in questo complesso e vitale sistema competitivo,  i prezzi e le tecnologie, la generazioni distribuita e il gas, il nucleare e il petrolio, dipendono non solo dalle capacità industriali ma anche, e direi soprattutto, dai funzionamenti delle istituzioni pubbliche, determinanti nel definire le direzioni, nel promuovere e dirigere  la ricerca e le innovazioni, nel coordinare i processi di  modernizzazione: dunque  da quel sistema che si può definire Stato imprenditore.

La prospettiva della transizione energetica sembra particolarmente favorevole per  l’Italia, da sempre molto dipendente  dalle importazioni di fonti energetiche fossili (e inoltre privata dopo il referendum del 2011 dell’opzione nucleare) ma potenzialmente ricca di capacità industriale e di spinte innovative, aprendo la strada ad una maggiore  autonomia energetica.

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