LA NORMALE OLIGARCHIA DELLA GRANDE PANDEMIA

LA NORMALE OLIGARCHIA DELLA GRANDE PANDEMIA

Mentre imperversa la polemica sui vaccini a livello europeo, e ancora si faticano a comprendere tutte le implicazioni della crisi (sanitaria ma non solo) odierna, pubblichiamo un’analisi del professor Gian Piero Joime a proposito di oligarchie e della “nuova normalità” che ci aspetta. Si tratta di un articolo già apparso su “Polaris” (n. 24, inverno 2020-2021).

Di Gian Piero Joime

La Grande Pandemia Globale sta, più o meno chiaramente,  sollevando il velo di Maya, rappresentando più chiaramente una realtà, prima in qualche modo oscurata, e ponendo molte questioni; in particolare su quale sarà la nuova normalità post Covid.

La prima questione, almeno a mio parere,  è se la legge del mondo sarà ancora di più dominata dalla leadership globalista oppure se crescerà il peso dei poteri locali? Per provare a rispondere, vediamo da dove vengono le proposte e le auspicate soluzioni alla Grande Pandemia.

Gli antidoti sanitari, dalla cura, ai protocolli sino al vaccino, partono da istituzioni globali e da un manipolo di multinazionali del farmaco, per poi essere applicati, con capacità diverse, da regione a regione, nelle realtà locali. Queste ultime quindi si limitano, ma non è poco, ad applicare  sistemi e regole dell’ordine globale, e a pagare e somministrare i farmaci, prodotti dalle multinazionali, ai cittadini-consumatori. E in Italia, a gestire le rovine, provocate dal mito liberista e dalla devoluzione del potere centrale, di quello che era un grande Stato Sociale. La nuova normalità e’ in attesa del vaccino anti-Covid, e la Pfizer, o chi per lei, e’ il cavaliere che uccidera’ il drago.

Una vera e propria oligarchia sanitaria, che potrebbe portare (secondo alcuni globalsalutisti)  al passaporto sanitario integrato,  necessario per “fruire dei mezzi di trasporto, accedere ai pubblici sevizi, accedere a musei e centri commerciali, frequentare luoghi pubblici “.

Gli antidoti economici sono globali. I sistemi paese, forse ad eccezione della Cina, non hanno la forza solitaria per resistere al crack del blocco dei flussi commerciali, neanche gli USA. Gli aiuti  finanziari, si pensi al Recovery fund, non si producono con il mercato ma con la sovranità monetaria delle istituzioni, nazionali e sovranazionali, del Fondo Monetario Internazionale e delle Banche Centrali. Gli Stati nazionali europei, privi di sovranità monetaria e ormai anche di indipendenza culturale, si limitano a rispondere alle regole per accedere ai finanziamenti; disposti a cedere, in cambio di denaro contante, le autonomie residue.  Anzi le economie locali sono tutte in crisi strutturale;  soprattutto quelle basate, come in Italia, sulle piccole e medie imprese, che già fortemente provate dalle precedenti crisi economiche globali e dall’assenza di sostegno pubblico, non reggono l’urto;  e in molte chiudono.

L’ipotesi che la pandemia comporti la fine della delocalizzazione mi sembra poi molto ardita e poco realistica, anche perché la pandemia è ovunque. Anzi sembra molto più sotto controllo in Cina che in Europa.

Come nel settore sanitario, anche in quello economico-finanziario il potere e’ saldamente in mano a una ristretta oligarchia finanziaria e burocratica.

Gli antidoti sociali sono globali. Nell’era pandemica le capacità e le attività di un sistema paese dipendono sempre più dalla dotazione tecnologica. Che e’ di  matrice globale. Lo Smart Working, ad esempio,  dipende da un manipolo di multinazionali dell’Ict, e dalle dotazioni infrastrutturali, soprattutto 5g e larga banda, di un territorio, a loro volta prodotte da un manipolo di multinazionali, americane e cinesi, che dirigono il grande cambiamento del modello di produzione e di consumo: Apple, Microsoft, IBM, Huawei, Zte. Resistono le grandi imprese giapponesi e solo due europee, Nokia ed Ericsson, che inseguono, e col fiato corto, le ondate tecnologiche. L‘e-commerce e’ dominato da Amazon e dalla cinese AliBaba; la comunicazione da Google e Facebook. Insomma, anche in questo caso,  la Grande Pandemia sta accelerando il consolidamento del potere, non solo economico, di un  un manipolo di fortissime multinazionali.

Per governare il cambiamento, serve una classe dirigente

Dunque dalla Grande Pandemia emerge il rafforzamento di tre grandi ordini oligarchici – la OliPharma, la OliFinanza, la OliTekna – costituiti da poche multinazionali, la maggior parte di origine e di capitale statunitense, e nell’Olitekna anche cinese,  che detengono gran parte del potere economico mondiale e che determinano le scelte politiche e le direzioni normative dei governi nazionali e sovranazionali.

Naturalmente questo scenario – ovvero lo strapotere delle multinazionali sui poteri pubblici mondiali, sovranazionali e nazionali – esisteva anche molto prima del covid, frutto di un lungo processo storico che dal liberismo e dalla deregulation è infine approdato, dopo aver pazientemente smantellato le strutture economiche e finanziarie nazionali,  all’oligopolismo mondialista.

La Grande Pandemia Globale lo fa emergere in tutta la sua spietatezza: gli antidoti ai diversi veleni del virus vengono dalle grandi oligarchie del pharma, della finanza, della tecnologia. Il problema è che all’interno delle oligarchie non sono presenti imprese di origine nazionale e sono pochissime quelle di origine europea. 

La sovranità dei sistemi paese si esprime comunque  nella non banale capacità di accedere alle risorse finanziarie, di acquistare farmaci e tecnologie, di adattare i processi di cambiamento alle realtà locali. La grande forza di un sistema nazionale, nello scenario delineato, è quella di accelerare il processo verso la modernizzazione, ovvero verso la nuova normalità, non certo di contrastarlo. Magari anche ricordando, per quanto riguarda il nostro paese, di quando avevamo la forza di esprimere in diversi settori, ad esempio nel farmaceutico e nell’informatica, grandi imprese dal valore mondiale. Il problema, a mio parere, non è il velleitario contrasto dell’ordine mondialista, se non utile per fini tattici, ma la conquista di posizioni di potere all’interno dello stesso. Ad esempio se è  difficile  tornare indietro nel tempo e ricostituire  Stet e Sip, non rimane che riconquistare la giusta posizione nazionale nel capitale di Tim, ed il controllo strategico e operativo della più importante compagnia di telecomunicazioni nazionale, e di conseguenza delle tecnologie e delle reti.

Dunque la cosiddetta nuova  normalità sarà possibile grazie alla ricerca e sviluppo dell’OliPharma, ai soldi dell’OliFinanza e alle tecnologie dell’OliTekna: e alla capacità dei sistemi paese di acquisire innovazioni e tecnologie, e se possibile di produrle, e di utilizzarle per lo sviluppo e la modernizzazione delle infrastrutture e delle strutture, sia pubbliche che private.

Ecco, la nuova normalità e’ per il nostro sistema paese una grande sfida. Quella di rifondare una classe dirigente votata più all’innovazione che alla burocrazia, in forte controtendenza rispetto alle direzioni, sia pubbliche che private, degli ultimi decenni; solo così l’Italia potrà  determinare ciò che avverrà, nel proprio territorio e potrà definire la direzione della grande trasformazione, o se si preferisce della nuova normalità.   

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