(articolo apparso su “Il Secolo d’Italia”)
Di Gian Piero Joime
L’energia idroelettrica è la più grande fonte mondiale di energia pulita e produce più energia di tutte le altre fonti rinnovabili messe assieme (eolico, solare fotovoltaico, bioenergia e geotermico). Il settore idroelettrico, secondo il rapporto dell’AIE del 2020, ha fornito un sesto della produzione mondiale di elettricità con quasi 4.500 TWh (terza fonte dopo carbone e gas naturale), attraverso una potenza impegnata di 1.330 GW. Oggi in 35 paesi nel mondo, l’energia idroelettrica costituisce oltre il 50% dell’elettricità prodotta. Di questi, 28 sono economie emergenti e in via di sviluppo, mentre nelle economie avanzate, sia per il maggior impiego di gas naturale e delle altre fonti rinnovabili, la quota dell’idroelettrico per la copertura del fabbisogno energetico è relativamente diminuita, mantenendo comunque un’importanza fondamentale per il funzionamento del sistema. Negli ultimi anni, la Cina da sola è stata responsabile del 50% dell’espansione della capacità lorda idroelettrica globale, seguita da India, Brasile e dalle economie del Sud-Est asiatico.
In Europa sono installati 254 GW di potenza idroelettrica (pompaggi inclusi) pari ad una quota del 19% di quella mondiale, per una produzione di circa 670 TWh: il 16% della produzione elettrica complessiva del Continente e il 36% di quella da fonti rinnovabili. E’ certamente la principale fonte rinnovabile, ma tra il 2015 e il 2020 la capacità idroelettrica europea è cresciuta solo del 6% (+14 GW), a differenza di quanto registrato nei paesi extra europei in via di sviluppo. Infatti in Europa gli aspetti e le normative legati all’impatto ambientale, combinati con lo sfruttamento già in atto dei principali corsi d’acqua, rendono molto complessa la realizzazione di nuovi impianti di grande taglia; nonostante il grande potenziale dell’industria europea delle apparecchiature idroelettriche, che rappresenta più di due terzi del offerta mondiale. In questo, come anche in altri casi, si palesa il paradosso del ritardo dello sviluppo di una tecnologia sostenibile, e fondamentale per la decarbonizzazione, spesso in nome di farraginosi processi burocratici più che di reali esigenze ambientali.
In Italia, l’idroelettrica è la fonte di energia rinnovabile che vanta la più lunga e autonoma tradizione industriale, una tradizione che parte dagli ultimi anni dell’Ottocento, quando la penisola italiana rappresentava l’avanguardia mondiale nello sviluppo di sistemi idraulici capaci di ricavare energia pulita. E tuttora nonostante il solare e l’eolico siano i due protagonisti della transizione energetica, soprattutto per la comunicazione pubblica, l’idroelettrica mantiene ancora la quota parte prevalente del mix energetico rinnovabile, e come vedremo presenta solide prospettive di sviluppo.
Tra la fine dell’Ottocento e il primo dopoguerra, l’idroelettrica era già la fonte energetica protagonista della transizione energetica italiana dalle fonti fossili verso quelle rinnovabili, e fu l’avanguardia di quella che poi venne definita come l’autarchia verde. Sino agli anni Venti del secolo scorso le centrali idroelettriche rappresentavano la quasi totalità dell’energia rinnovabile italiana, con altri piccoli contributi come il geotermico, con la centrale toscana di Larderello costruita nel 1904, e l’eolico. Alcuni impianti idroelettrici sono parte integrante del paesaggio e della storia d’Italia, come la centrale idroelettrica Bertini di Porto d’Adda, nata nel 1895 e tra le più antiche al mondo ancora oggi funzionanti. Sempre tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento è stata attivata anche la centrale di Vizzola nella provincia di Varese, con un canale industriale che deriva le proprie acque dal fiume Ticino. Oggi la più grande installazione idroelettrica italiana si trova nel piccolo comune di Entracque, in provincia di Cuneo e nel cuore delle Alpi marittime: la centrale “Luigi Einaudi” di Enel Green Power costruita nel corso degli anni Settanta, ed entrata in funzione nel 1982. In tutto opera su tre bacini d’acqua: la diga del Chiotas a 2mila metri di altitudine, il lago Rovina a 1.500 metri e la diga della Piastra a quota mille. A collegare i bacini c’è un complesso e lungo percorso di tubature sotterranee, che conducono l’acqua fino alla centrale vera e propria, che è scavata nella roccia. La Einaudi ha attualmente una potenza di 1,065 gigawatt, quella che occorre all’intera provincia di Torino. Tra le altre grandi centrali italiane si ricordano quella di Edolo, in provincia di Brescia, con il suo salto di oltre 1.200 metri di dislivello e la centrale casertana Domenico Cimarosa a Presenzano, che come Edolo può vantare una potenza prossima al gigawatt.
L’idroelettrica rappresenta oggi la prima fonte rinnovabile in Italia producendo il 41% dell’energia complessiva rinnovabile necessaria al Paese. L’Italia si colloca al quarto posto per energia idroelettrica generata in Europa, subito dopo Norvegia, Svezia e Francia.
Secondo i dati di Terna, riferiti a febbraio 2024, in Italia sono presenti 4860 impianti per la produzione di energia idroelettrica (nel 2009 erano 2.249) ove sono occupati quasi 15.300 addetti, con una capacità installata di 21.729 MW. La conformazione fisica del territorio italiano, con la dorsale appenninica e soprattutto con l’arco alpino, garantisce quelle forti pendenze del terreno che sono decisive per avere impianti ad alta produttività. Gli impianti sono concentrati principalmente lungo l’arco alpino – 1092 in Piemonte, 891 in Trentino-Alto Adige, 749 in Lombardia e 408 in Veneto – che producono circa il 76% dell’energia idroelettrica nazionale. La potenza installata è aumentata del 10% negli ultimi anni e il numero delle installazioni è salito del 78%: la crescita in numero degli impianti non ha determinato un uguale incremento della potenza generata, perché è diminuita la taglia media degli impianti. L’installazione di impianti di piccole dimensioni, il cosiddetto mini idroelettrico, è iniziata nei primi anni Duemila, tanto che la taglia media complessiva a livello nazionale è scesa da 8,4 megawatt per impianto di inizio secolo fino a poco meno della metà, 4,1 MW nel 2021. A fine 2021 la classe dimensionale più vasta è quella degli impianti con potenza minore o uguale a 1 MW (73,4%), seguita da quella compresa tra 1 e 10 MW (20,0%). Complessivamente, queste due classi coprono però solo il 19,0% della potenza totale installata, mentre i 310 impianti con potenza maggiore di 10 MW rappresentano il restante 81% della potenza idroelettrica complessiva nazionale.
Secondo un recente rapporto di Ambrosetti (“Il ruolo strategico dei pompaggi idroelettrici nella transizione energetica” presentato al Forum sul Clima di Italy for Climate) il valore totale della produzione manifatturiera italiana legata al settore dell’energia idroelettrica nel 2022 considerando 150 tecnologie afferenti alla filiera idroelettrica (impianti, apparecchiature, pompe idrauliche, turbine, alternatori) è stato pari a 27,7 miliardi di Euro – seconda in UE solo alla Germania (43,4 miliardi di Euro) – corrispondente al 15,4% del totale europeo, e solo di poco inferiore alla somma di Francia (17,3 miliardi di Euro) e Spagna (11,4 miliardi di Euro). In particolare, spicca il ruolo italiano all’interno del contesto europeo con riferimento a tecnologie fondamentali per l’idroelettrico, come turbine e ruote idrauliche, con un valore di 121 milioni di Euro (il 31% del totale europeo), dietro solo alla Germania (211 milioni di Euro). Infine, è importante sottolineare come l’Italia sia il 1° Paese in UE per saldo commerciale della filiera dell’idroelettrico, pari a 8 miliardi di Euro, evidenziando il fatto che la filiera di approvvigionamento delle tecnologie per l’idroelettrico è prevalentemente italiana e poco dipendente dall’estero.
Finora il potenziale idroelettrico italiano è stato sfruttato in buona parte, ma non del tutto. Oggi, secondo un report di Enel Green Power, la tecnologia e le soluzioni innovative permettono di trasformare in elettricità quasi tutta l’energia dell’acqua, con valori che spesso si attestano sul 70%-75% e possono arrivare oltre l’80%. Dato che buona parte dei grandi impianti italiani ha più di 70 anni di vita, l’energia effettivamente ricavata risente del mancato ammodernamento delle strutture: il rinnovamento degli impianti anche solo con interventi di manutenzione si stima possa far guadagnare già in pochi anni almeno 5,8 gigawatt di potenza e 4,4 terawattora di energia annua, con un risparmio di oltre 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica e la creazione di 2mila ulteriori posti di lavoro (diretti e indiretti) per l’esecuzione dei lavori. Nuove tecnologie e digitalizzazione possono rendere gli impianti più flessibili sfruttando dispositivi IoT, per ottenere buone rese anche con regimi di portata molto diversi, e poi controllare i flussi di acqua ed energia in funzione del fabbisogno.
Come noto, con la transizione energetica diviene determinante la capacità di accumulare l’energia: si sta assistendo a una evoluzione del sistema elettrico, da una configurazione ad alta inerzia a un sistema elettrico a bassa inerzia, caratterizzato da fonti di energia rinnovabili non programmabili, come il solare o l’eolico, che non permettono di essere attivati quando la richiesta di energia elettrica è maggiore, a differenza delle fonti di energia fossile come il carbone o il gas. Questo vuol dire che il ricorso sempre maggiore a fonti rinnovabili comporterà un aumento dei periodi di overgeneration, cioè quei periodi in cui la produzione supera la domanda e non è possibile esportare l’eccesso verso altre aree, sia perché potrebbero trovarsi nella stessa condizione sia per mancanza di capacità di trasporto: diventerà quindi fondamentale attivare dei sistemi di accumulo energetico.
E l’energia idroelettrica è in grado di soddisfare le diverse esigenze temporali di flessibilità. A livello mondiale i pompaggi rappresentano oltre il 90% degli accumuli elettrici, con 160 GW di potenza installata. In Europa la potenza installata ammonta a circa 55 GW e rappresenta quasi l’80% della capacità di accumulo continentale. L’idroelettrica può trasformarsi in una grande risorsa energetica programmabile anche per l’Italia. Nei sistemi di stoccaggio, fondamentali per il futuro dell’energia rinnovabile e del sistema elettrico nazionale, viene semplicemente sfruttata la differenza di quota offerta dai bacini di accumulo idrico a monte e a valle di un rilievo. E il territorio italiano, grazie alle Alpi e alla dorsale appenninica è potenzialmente ricca di grandi differenze di quota da sfruttare. Oggi risultano presenti 22 impianti di pompaggio sul territorio nazionale, di cui 14 localizzati a Nord; l’84% della capacità di stoccaggio è concentrata nei 6 maggiori pompaggi idroelettrici, di cui 4 a Nord e 2 nel Mezzogiorno. La European House-Ambosetti, in collaborazione con Edison, nel citato rapporto “Il ruolo strategico dei pompaggi idroelettrici nella transizione energetica” evidenzia come i nuovi impianti di pompaggio idroelettrici siano una tappa fondamentale per il target di decarbonizzazione e come a fronte di 10 miliardi di euro, necessari come investimento iniziale, si attiverebbero circa 31 miliardi di euro. Come detto in Italia non mancano certamente bacini idroelettrici a diverse altezze, posti nella stessa valle o non troppo distanti fra loro. Nonostante la capacità massima annua in TWh accumulabile non sia nota nel dettaglio, secondo diverse fonti gli impianti attuali se usati appieno, dovrebbero garantire circa 20 TWh annui di produzione elettrica, arrivando quasi a 30 TWh con i 12 previsti nel piano di RSE (Ricerca Sistema Energetico) ovvero al 10% della produzione elettrica italiana.
L’energia idroelettrica sembra coniugare una serie di fattori favorevoli allo sviluppo di una via italiana alla transizione ecologica: la economicità della sua produzione e la competitività rispetto alle altre fonti di generazione elettrica; la lunga vita dei suoi impianti; le esternalità positive che è in grado di generare sui territori in cui opera; la capacità di garantire la stabilità dell’intero sistema elettrico bilanciando l’intermittenza delle risorse rinnovabili non programmabili. È una fonte rinnovabile con emissioni per l’intero ciclo di vita inferiori a qualsiasi altra fonte.La filiera industriale è nazionale ed è molto competitiva a livello globale anche nei segmenti ad alta intensità tecnologica. Infine è importante sottolineare un fondamentale punto di forza della tecnologia idroelettrica: la sicurezza di approvvigionamento, nonostante le attuali incertezze dovuti al cambiamento climatico, che con le sue fonti a livello locale e territoriale riduce la dipendenza da fornitori esteri.
Tuttavia in Italia, praticamente unica in Europa, “la nostra disciplina, a partire dal processo di liberalizzazione del mercato elettrico ha introdotto la temporaneità delle concessioni e l’obbligo di gara per il rinnovo; pertanto la contendibilità delle concessioni ha avviato una lunga fase di incertezza operativa nel settore (…) L’apertura della normativa italiana alla concorrenza del settore idroelettrico (…) mentre è in grado di generare limitati e del tutto incerti benefici alla collettività, non essendovi peraltro esperienze al riguardo, solleva pesanti rischi sul suo futuro, anche sotto il profilo della sicurezza e della tutela dei territori e delle comunità locali che ne sono interessati. Le criticità e le incertezze connesse alle procedure di gara delle concessioni rischiano di impattare negativamente sugli investimenti e quindi sulle potenzialità di sviluppo di questa risorsa, rendendo più arduo il processo di transizione ecologica” (Alberto Clo’, Energia Idroelettrica: un Tassello Fondamentale nella Transizione Ecologica, Rivista Energia – 2021).
E così lo sviluppo dell’energia idroelettrica italiana, che dispone di una radicata cultura industriale, e di forza tecnologica e di forza naturale (le nostre montagne e i nostri fiumi), che necessita di una visione di lungo termine, rischia di essere rallentato dalle incertezze burocratiche.
Sembra evidente che il rafforzamento del settore idroelettrico, debba essere un prioritario e determinante obiettivo strategico per una via italiana alla transizione ecologica: per il raggiungimento dei target climatici, per il potenziamento dell’industria nazionale, per la ricerca di una sempre maggiore autonomia energetica.
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