L’esito del referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari con la vittoria del SÌ e le elezioni regionali si prestano a svariate letture. C’é un aspetto che, almeno a chi scrive, pare evidente: ripercussioni sulla tenuta della maggioranza parlamentare non vi saranno. Per il Movimento 5 Stelle, ridotto al lumicino, ció significherebbe l’estinzione politica. Del resto, questa non sarebbe che la logica conseguenza di una impreparazione, di una incoerenza politica e di una incapacitá di strategia evidenti giá da tempo.
Pure la rivendicazione della vittoria al referendum é relativa, dal momento che hanno dato il loro contributo alla legge costituzionale di revisione, soprattutto nell’ultimo passaggio alla Camera dei Deputati, sia il Partito Democratico (inizialmente contrario), sia le forze che compongono l’opposizione, salvo poi tenere un atteggiamento formalmente favorevole alla riforma, ma sostanzialmente contrario con diversi esponenti e militanti che si sono convintamente esposti per il NO contro la presa di posizione dei loro stessi leaders. Una vera e propria deresponsabilizzazione dell’intera classe politica italiana piú propensa a seguire la logica del consenso effimero che non la giustezza della decisione.
Gli italiani ne pagheranno il prezzo sia sul piano della rappresentativitá, sia su quello del rapporto del Parlamento con altri organi costituzionali e di rilievo costituzionale. Si é parlato di avvio di una “fase riformista”. Ora, benché legittime sotto il profilo prettamente giuridico, le “revisioni a pezzi” corrono il rischio di perdere di vista le criticitá della forma di governo parlamentare nel suo complesso le quali risiedono in tutto tranne che nel numero dei deputati e dei senatori che, peraltro, la Costituzione repubblicana del 1948 originariamente non aveva fissato.
Quanto al voto delle regionali, si possono proporre due diverse chiavi interpretative. La prima: confrontando i dati odierni con quelli del 2014/2015 é evidente come il centro-destra abbia strappato alla sinistra Regioni “storiche”: si pensi all’Umbria e recentemente alle Marche. Ha, inoltre, ottenuto un buon risultato sia in Emilia-Romagna, sia in Toscana pur non riuscendo ad eleggere il proprio candidato alla Presidenza della Giunta. Viceversa, in Campania e Puglia, la debolezza dei candidati, espressione di una vecchia politica, ha consentito, senza troppi problemi la riconferma rispettivamente di De Luca ed Emiliano. Anche nella Regione ad ordinamento differenziato Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, dove la Lega é risultato il primo partito, il centro-destra non potrá formare una maggioranza stante l’accordo tra il centro-sinistra e gli autonomisti. Il sistema elettorale di tipo proporzionale introdotto dalla legge regionale n. 16/2017, con esclusione dell’elezione diretta del Presidente della Giunta essendo egli eletto dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta, agevola l’accordo tra l’Union Valdôtain ed il Centro Civico progressista.
La seconda interpretazione, invece, mette in relazione i dati delle politiche del 04 marzo 2018 con quelli delle regionali 2020: eccetto Fratelli d’Italia tutti i partiti, Movimento 5 Stelle in primis, hanno perduto voti. Che cosa dimostra questo? Che il partito di Giorgia Meloni, pur avendo inglobato un’area centrista lontana dagli ideali che una formazione come FDI dovrebbe portare avanti, ha dimostrato una coerenza di posizione critica sia verso l’Esecutivo Conte I, sia verso l’Esecutivo Conte II, premiata dagli elettori in occasione delle regionali. All’interno di questo quadro, che non intende avere alcuna pretesa di esaustivitá, si puó concludere che il ridimensionamento delle forze politiche in generale non determinerá alcun effetto sulla tenuta del Governo. Semmai, il partito di maggioranza relativa, il Movimento 5 Stelle, sará spinto, al fine di evitare ad ogni costo il voto, ad appiattirsi sulle posizioni del Pd, spostando in questo modo verso sinistra gli equilibri in campo: abrogazione dei decreti sicurezza e Mes in primis.
Daniele Trabucco (Costituzionalista e Componente del Comitato scientifico dell’Istituto Stato e Partecipazione).
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