Dopo l’approvazione della legge attuativa, LA SFIDA PARTECIPATIVA CONTINUA. Un’analisi targata Adapt

Dopo l’approvazione della legge attuativa, LA SFIDA PARTECIPATIVA CONTINUA. Un’analisi targata Adapt

di Mario Bozzi Sentieri

Come noto mercoledì 14 maggio 2025 il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Il testo è stato approvato con il voto a favore del centrodestra, di Azione e di Italia viva, con il voto contrario del Movimento 5 Stelle e dell’Alleanza verdi-sinistra e con l’astensione del Partito democratico, una scelta che ha causato, fra l’altro, la fuoriuscita della ex numero uno della Cisl, Anna Maria Furlan, rendendo  evidente, ancora una volta, le incertezze  “riformistiche” della sinistra italiana.

Ora la realizzazione di coerenti politiche partecipative all’interno delle aziende, così come determinato dalla Costituzione, si sposta dal livello politico-ideale, incarnato, per decenni, dal sindacalismo nazionale e dalla destra sociale ed anticlassista, a quello applicativo, con particolare attenzione agli attuali contesti socio-produttivi, ai mutati cambiamenti di natura culturale legati alla concezione stessa del lavoro e alla volontà delle parti sociali, con in testa i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro. Senza perdere di vista – in anni di diffuso astensionismo elettorale – l’urgenza di allargare e dare nuova forza ai temi della rappresentanza e della partecipazione, dentro e fuori i luoghi di lavoro. In questa prospettiva l’approvazione della legge manifesta un indirizzo “programmatico”, in grado di realizzare finalmente quanto indicato nella legge applicativa dell’art. 46 , ma anche di svolgere una funzione “promozionale”.

Per supportare – in premessa – questo importante processo ci piace segnalare il recentissimo “Primo commento alla legge di iniziativa popolare sulla Partecipazione dei lavoratori”, elaborato a cura di Michele Tiraboschi per Adapt University Press e disponibile online, in modalità open access, sul sito www.adaptuniversitypress.it.

Nel contributo di Adapt la legge sulla partecipazione viene commentata – in modo sistematico, articolo per articolo – offrendo un approccio giuslavoristico che ha però l’ambizione – scrive Francesco Seghezzi in premessa – di “rivolgersi anche e soprattutto agli operatori e ai funzionari sindacali così come a quelli che operano nelle associazioni datoriali affinché vi possa essere maggiore chiarezza e supporto nell’implementazione concreta di quanto la legge dispone”.

In questa prospettiva emerge – notano gli estensori del testo – il valore “simbolico” della legge, in grado di rimarcare un confine valoriale e culturale tra un sindacalismo di stampo classista-conflittuale (Cgil) ed uno coerentemente partecipativo (Cisl e Ugl), confine che segna le concrete possibilità di attuazione delle norme nel non sempre lineare intreccio che si determina tra decisore politico, dinamiche parlamentari e istanze contingenti degli attori sindacali.

Il dato di fondo è che ora, con la pubblicazione del testo sulla legge sulla Gazzetta Ufficiale, il discorso si sposta a livello aziendale e sui tavoli negoziali, sia a livello nazionale che a livello decentrato.

Da qui la necessità di attivare un organico processo interpretativo ed attuativo, che parta dalla norma  per attivare   un’autentica politica partecipativa, realizzando strategie aziendali comuni, costruite – come indicato in sede scientifica – dalla rinuncia a quote di potere (datoriale) e contropotere (sindacale) per gestire finalmente in forma collaborativa, con vari strumenti di coinvolgimento e diversi livelli di intensità e irreversibilità, interessi separati e potenzialmente in conflitto.

Al centro – così come indicato dalla norma (art. 2) – le definizioni finalizzate a una maggiore uniformità del lessico impiegato, al fine di evitare fraintendimenti sulla natura delle pratiche di partecipazione attuate nelle aziende: “partecipazione gestionale”, “partecipazione economica e finanziaria”, “partecipazione organizzativa”, “partecipazione consultiva”. Ad ognuna la ricerca di Adapt dedica ampio spazio, con il relativo supporto bibliografico, offrendo non pochi riscontri operativi, utilissimi per dare gambe e sostanza giuridica alla fase attuativa. In questo ambito particolarmente significativi appaiono i “piani di partecipazione finanziaria dei lavoratori” (art. 6), con l’introduzione di misure mirate a sostenere la partecipazione azionaria dei dipendenti, attraverso due direttrici: da un lato con la valorizzazione degli strumenti giuridici già previsti dall’ordinamento per favorire l’ingresso dei lavoratori nel capitale delle imprese; dall’altro introducendo una significativa novità fiscale, finalizzata ad un’esenzione parziale sui dividendi derivanti da azioni assegnate in sostituzione del premio di risultato.

Sulla base di queste “linee guida” si può pensare a sviluppare l’attuazione delle norme della Partecipazione, magari includendo il lavoro pubblico, oggi escluso, e favorendo, con specifici incentivi, il coinvolgimento delle piccole imprese; dando forza alle commissioni paritetiche, composte, in eguale numero da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori (art. 7); attuando convintamente quanto previsto dall’ art. 12 della legge, il quale introduce un obbligo formativo per i rappresentanti dei lavoratori coinvolti nei meccanismi partecipativi; riconoscendo il ruolo del Cnel, che deve diventare un punto di raccordo stabile tra il decisore politico e la rappresentanza delle categorie produttive al fine di realizzare le politiche partecipative.

Sono tante – come si vede – le questioni aperte in sede di attuazioni dell’art. 46 della Costituzione. Molto c’è da studiare ed ancor di più da intervenire.

In questo percorso giuslavoristico, ma non solo visti i continui rimandi storico-valoriali offerti dalla stessa  ricerca di Adapt, le norme  applicative dell’art. 46 della Costituzione possono essere considerate un viatico alla crescita di una cultura partecipativa che superi i residui del vecchio classismo, favorendo la costruzione di una vera e propria stagione partecipativa, auspicata, trasversalmente, per decenni, dalla migliore cultura nazionale. A confermarlo le parole di Marco Biagi – citate da Michele Tiraboschi – che, venticinque anni fa, nel suo progetto di riforma del mercato del lavoro e delle relazioni industriali italiane, sottolineava l’importanza di una riforma non normativa ma culturale, a partire dallo spirito con cui si andranno a interpretare e applicare le nuove previsioni di legge sulle relazioni industriali, invitando a lasciarci alle spalle una cultura del lavoro “costruita sul sospetto e sulla diffidenza”. Anche a questo, oggi, possono servire le “Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese”.

Molto più che un auspicio: un progetto sui cui lavorare come Sistema Paese. La sfida partecipativa – per chi veramente crede in essa – continua.

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