IL RUOLO DEL SINDACATO, DEI CORPI INTERMEDI E LA POLITICA MEDITERRANEA. L’ITALIA HA UN FUTURO?

IL RUOLO DEL SINDACATO, DEI CORPI INTERMEDI E LA POLITICA MEDITERRANEA. L’ITALIA HA UN FUTURO?

Pubblichiamo l’editoriale al terzo numero della Rivista “Partecipazione” (dicembre 2022 – http://www.ecletticaedizioni.com/newsite/categoria-prodotto/partecipazione/) a firma del direttore editoriale

Francesco Carlesi

Tempo di destra sociale. Consigli non richiesti al nuovo governo

Rincari, drammi sociali, fallimenti e rischio di un conflitto nucleare: è sempre più difficile trovare spunti per essere ottimisti riguardo al futuro dell’Italia. Eppure, l’esito delle recenti elezioni con la vittoria della destra potrebbe lasciare spazio a una discontinuità rispetto al passato, quando troppo spesso ci si è abbandonati al “vincolo esterno” per la paura di decidere o, ancora peggio, per un’atavica idiosincrasia verso il concetto di interesse nazionale. La strada per il cambiamento sarà in salita e ricca di difficoltà, tra limiti geopolitici e la necessità di recuperare alla partecipazione politica ampie fasce di popolazione sempre più deluse e abbandonate (come l’altissimo tasso di astensione ha confermato). Ecco allora che si aprono numerosi dossier, con il Sud Italia quale questione principale. Proprio qui, Giuseppe Conte è riuscito brillantemente a recuperare le posizioni perdute dal Movimento 5 stelle facendo leva sul reddito di cittadinanza e sullo scontento di larghe fasce della popolazione, che spesso di percepiscono come “corpi estranei” abbandonati dalla loro stessa comunità. Il reddito di cittadinanza va assolutamente rivisto, soprattutto sul piano del fallimento totale dei cosiddetti “navigator”, ma la spia rappresentata dai voti andati ai 5 Stelle deve essere presa sul serio. La destra dovrà essere non solo conservatrice ma spiccatamente sociale e farsi carico di questo scontento, recuperando proprio la Questione sociale di cui parlava Mazzini già 150 anni fa. Non la lotta di classe, quel soffiare sulle invidie sociale tipico dei nostri tempi, ma l’unione di capitale e lavoro in nome di un destino comune. In nome di un sforzo che sia crescita, responsabilità e maturazione: «il lavoro libero produce più del lavoro servile», diceva il patriota genovese. In nome, in buona sostanza, della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, l’articolo 46 della nostra Costituzione che fu la bandiera del Movimento Sociale Italiano. Attraverso questa strada si potrà provare a ricostruire aziende e territori disintegrati dalla globalizzazione con il suo portato di delocalizzazioni e precarietà. Anche il modello Olivetti che unì territorio, cultura ed elevazione dei singoli, dovrà essere recuperato con determinazione. Il lavoratore consapevole, partecipe, immerso in un “umanesimo digitale e del lavoro” contro la “psicopolitica” neoliberale (dal titolo di un recente libro del politologo Byung-Chul Han) che sforna atomi isolati, “imprenditori di se stessi” che vivono la lotta di classe nella loro coscienza, frustrati da un meccanismo che spezza i legami comunitari rendendoli vittime e carnefici allo stesso tempo

L’abbassamento della pressione fiscale e l’attenzione agli imprenditori dovranno necessariamente accompagnarsi a un disegno generale che coinvolga e responsabilizzi le categorie e gli stessi dirigenti d’industria, nel quadro di una politica industriale nazionale. Lo Stato sarà fondamentale nel ruolo di “motore” economico e sociale, sulla scia di esempi storici quali Enrico Mattei e la “scuola” dell’Iri che sfornò dirigenti, tecnici e intellettuali di alto profilo. Nomi ed esempi ancora “vivi” che possono e devono essere adattati ai tempi nuovi che ci aspettano, i tempi della Rivoluzione 4.0 descritta da Mario Bozzi Sentieri, che annunciamo con piacere ed onore quale nuovo direttore responsabile della Rivista.

I nomi sopra elencati sono richiamati dall’Istituto “Stato e Partecipazione” costantemente e quasi ossessivamente, nell’ottica di un cammino che sappia valorizzare la patria, l’identità e il lavoro. «L’antidoto alle regressioni nazionalistiche e alla brutale conflittualità che queste produrrebbero, sta nel coltivare un sano sentimento patriottico, fondato sulla  difesa e valorizzazione delle diversità, delle specificità, della ricchezza e pluralità di culture e stili di vita. Tutto l’opposto della standardizzazione, dell’omologazione, dell’appiattimento richiesti e imposti dalla globalizzazione selvaggia, nella quale si fondono l’utopia internazionalista vetero-comunista, il terzomondismo pauperista e la pratica commerciale mondialista delle grandi multinazionali», si legge nelle Tesi congressuali di Fratelli d’Italia del 2017, un ammonimento che conserva validità.

Infine, l’esempio dell’Iri ci porta al tema della formazione, su cui vale la pena spendere due parole. Bisogna costruire basi solide per non rimanere intrappolati nelle montagne russe della politica odierna fatta di slogan e comunicazione, che costruisce e distrugge leader e partiti con la velocità di un fulmine.

E allora senza coltivare una classe dirigente attraverso corsi di formazione, iniziative di lungo periodo, esperienze concrete; senza valorizzare l’immenso patrimonio della cultura che non si piega al “politicamente corretto”; senza ripensare l’Università sulle linee guida del merito e dell’identità, come hanno suggerito i professori Spartaco Pupo e Simonetta Bartolini in un recente appello pubblico pubblicato anche sul sito dell’Istituto (1), e senza il recupero di quello sforzo sociale unito indissolubilmente all’afflato spirituale, come insegnava ancora Mazzini, ecco che non si riuscirà a mutare il corso della storia. Un corso che oggi ci vede sempre più alla deriva, e che solo chi ama l’Italia potrà cambiare.

Sindacato, Corpi intermedi, Mediterraneo

Proprio in virtù di quanto appena sottolineato, il presente numero si apre con una serie di saggi sui temi sociali di impostazione “radicale”. In primo piano Carlo Vivaldi-Forti ci offre una panoramica dell’attualità del tema della partecipazione partendo dalle idee della Sociocrazia olandese. Dopo un appassionato viaggio nel mondo dei Consorzi agrari, firmato dal brillante Sandro Righini (già protagonista di studi sul settore primario in L’Italia del futuro e Tradizione ecologica), sono presenti una breve storia del Distributismo (filone di pensiero che annovera Chesterton tra i suoi massimi esponenti) di Marco Bachetti e una lunga e densa critica a Francis Fukuyama firmata da Matteo Simonetti.  

A questo punto, si entra nel focus del numero: il tema del sindacato e dei corpi intermedi (2). Su quest’ultimo aspetto (che fu caposaldo della riflessione giuridica di Costantino Mortati ed è stato rilanciato ultimamente da Massimo Cacciari) ospitiamo con grande piacere un’intervista al professor Marco Tarchi, uno dei massimi studiosi del populismo, del fascismo e della destra italiana. Nelle sue risposte, vengono alle luce molte problematiche decisive per il futuro del mondo del lavoro, che appare sempre più in un vicolo cieco. Basti qui riportare un passaggio dello stesso professore: «Trasformazioni tecnologiche e frammentazione dei processi produttivi hanno fortemente ridotto non solo la massa dei salariati, che costituiva la base dei maggiori sindacati, ma anche le dimensioni dei luoghi di lavoro, rendendo più saltuaria la comunicazione fra i singoli lavoratori e le occasioni di concentrazione e confronto fra di essi. Non va però neanche trascurato il fatto che il miglioramento medio del livello di reddito e di vita, che deve molto all’azione sindacale passata, ha favorito un’individualizzazione dei percorsi di vita dei lavoratori, che sentono molto meno di un tempo di appartenere a una “classe” e sono meno sensibili al richiamo degli appelli collettivi». L’idea partecipativa può rappresentare un’alternativa ad una crisi organizzativa e ideale che sembra irreversibile, e costituisce d’altro canto il filo conduttore degli interventi che arricchiscono i successivi contributi: lo studio della cogestione in Europa (Ettore Rivabella); l’imponente affresco storico che arriva fino all’attualità del sindacato firmato da Bozzi Sentieri; la riflessione sulle prospettive future dell’organizzazione dei lavoratori di Gianluca Passera e Francesco Guarente, giovani e preparati sindacalisti impegnati nella trincea del lavoro; il ricordo di Gianni Roberti scritto da Gherardo Marenghi; l’analisi del sindacalismo fascista di Roberto Cantimori; l’approfondimento sul rapporto partito-sindacato nella storia (Luca Lezzi); lo studio delle crisi aziendali di Francesco Marrara fino a uno saggio del compianto Ivo Laghi, segretario nazionale Cisnal dal 1977 al 1990, tratto dalla «Rivista di Studi Corporativi». «Non più dunque un sindacalismo di lotta, ma un sindacalismo di armonia. Non più un sindacalismo che esprime interessi contrapposti, ma invece che coopera per la ricerca dell’interesse generale. E questo, anche oggi, ogni volta che riprendiamo fiato nelle pause degli scontri sociali cui siamo obbligati, questo, credeteci, è il solo sindacalismo che abbiamo nel cuore»: questa le appassionate parole conclusive di Laghi.

E non finisce qui: all’interno del numero trovano spazio le interviste a Francesco Paolo Capone (segretario generale Ugl), Gianfranco Refosco (segretario regionale Cisl Veneto) che testimoniano l’impegno trasversale sul tema dell’articolo 46 e una rubrica curata da Mitbestimmung, l’osservatorio sulla partecipazione ai lavoratori all’impresa (composto da professori e professionisti che sperimentano la cogestione sul campo) che rappresenta una delle più aggiornate e puntuali realtà che si dedicano al tema.

Infine, c’è spazio anche per il Mediterraneo con l’intervista a Giovanni Fasanella, giornalista e scrittore che indaga la “guerra energetica all’Italia” da parte delle potenze straniere, Gran Bretagna in particolare, che ebbe quali principali vittime le figure di Mattei e Moro. Un tema scottante che non ha perso di attualità, come testimonia l’ambizioso Piano Mattei lanciato dal governo per riscoprire autonomia e cooperazione economico-culturale su tutto il bacino mediterraneo. Ancora sulla proiezione italiana nel mare nostrum , elemento essenziale della nostra esistenza, arriva la penna di Marco Valle con un estratto del suo Patria senza Mare, nuova perla di una ricca bibliografia.«Sia come storico, sia come capo del governo, non posso dimenticare che l’Italia era doppiamente grande quando era consapevole della sua funzione di ponte tra l’Europa e i Paesi del Mediterraneo. L’Italia ha ritrovato oggi questa consapevolezza in un’atmosfera di libertà e di pace», scrisse Fanfani nel 1958, autore che coniugò una politica estera il più possibile autonoma ai temi dell’intervento dello Stato in economia e della partecipazione, pubblicando negli anni ’70 il suggestivo Capitalismo, socialità, partecipazione. Il suo nome, tra l’altro,  è uno dei protagonisti del libro dell’Istituto Le radici nascoste della Costituzione. Il corporativismo, la terza via e la Carta del ‘48 che ha cercato di aprire una discussione storica che esca definitivamente dalle divisioni del passato e dalle strumentalizzazioni politiche di questi tempi.

Da ultimo, segnaliamo il contributo di Gian Piero Joime sul nucleare, dossier che necessita di essere rilanciato e trattato senza paraocchi ideologici, per il futuro di quella Nazione in crisi descritta nella prima parte, ma ancora può e deve lottare per il suo destino.


(1) https://istitutostatoepartecipazione.it/merito-e-identita-per-luniversita-del-futuro/

(2) https://istitutostatoepartecipazione.it/linvito-di-giorgia-meloni-ospite-della-coldiretti-ripartire-dai-corpi-intermedi/

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