Articolo apparso su “La Voce del Patriota”
Di Francesco Carlesi
Negli scorsi giorni sono stati modificati, grazie a larghissime maggioranze parlamentari (un solo contrario alla Camera nel voto del 9 febbraio), ben due articoli della Costituzione, il 9 e il 41. Di che modifiche si tratta? Sintetizzando, la legge modifica innanzi tutto l’articolo 9, introducendo un terzo comma in base al quale, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della Nazione, richiamata nel secondo, si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Viene poi inserito un principio di tutela degli animali, attraverso la previsione di una riserva di legge statale che ne disciplini le forme e i modi. Viene poi modificato l’articolo 41 della Costituzione che regola l’esercizio dell’iniziativa economica. In primo luogo, si interviene sul secondo comma, stabilendo che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in danno alla salute e all’ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti, ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Viene infine modificato il terzo comma, riservando alla legge la possibilità di indirizzare e coordinare l’attività economica, pubblica e privata, a fini non solo sociali, ma anche ambientali.
Dietro quello che viene descritto come un grande progresso, potrebbero nascondersi ulteriori colpi al tessuto sociale e all’economia italiana, già sull’orlo del collasso. Con la scusa del clima, dell’ambiente e della salute i governanti potranno rimettere in moto quella macchina fatta di chiusure, censure e discriminazioni vista all’opera durante la pandemia. Ad oggi, il cosiddetto green pass è uno strumento politico che impedisce a milioni di persone di prendere i mezzi pubblici o andare al ristorante, pur senza più senso sanitario, come ha affermato pubblicamente il professor Francesco Broccolo. Non stupisce ovviamente che il virologo sia stato prontamente redarguito e punito dal suo ateneo: il dubbio e il confronto sono ormai merce rara in un’Italia impaurita, facile preda di un’oligarchia “tecnica” che ha in Draghi il suo simbolo. Oggi una politica sempre più in crisi si arrende alla propaganda green al punto da mettere mano alla Costituzione, quello stesso testo più volte calpestato negli ultimi tempi e in cui già l’«utilità sociale» dovrebbe comprendere tutti gli ambiti che vengono sbandierati dal “pensiero unico” politicamente corretto, fuori dal quale si viene squalificati e troppo spesso censurati. Il “capitalismo della sorveglianza” descritto da Shosana Zuboff e Guillaume Travers ci sta portando all’omologazione dei pensieri, dei gusti e dei comportamenti con una velocità incredibile.
Eppure, pochi hanno pensato negli ultimi tempi di farsi forza dell’articolo 41 per tutelare lavoro e occupazione, in un momento storico in cui licenziamenti via posta elettronica (Gkn e Timken i casi più recenti e clamorosi) stanno mettendo in crisi centinaia di persone e famiglie. Tante realtà industriali sono a rischio scomparsa; decine di imprenditori si sono tolti la vita in questi ultimi anni nel dramma della crisi sanitaria; le morti sul lavoro registrano ancora numeri che fanno male, eppure in cima all’agenda della politica e dei media continuano a spiccare le battaglie ambientali. Si dovrebbe avere al contrario il coraggio di mettere a nudo tutti i rischi di una “transizione ecologica” che non tiene conto della realtà, quando gli aumenti delle bollette e delle materie prime rischiano letteralmente di farci sparire dalla storia, presentando un conto di cui non sembriamo ancora essere pienamente coscienti. Le rinnovabili sono importanti e vanno “cavalcate” attraverso i campioni nazionali come Enel e Eni, ma non possono bastare, fermo restando che è vitale diventare produttori e non solo consumatori in questo ambito, altrimenti passeremo solo da un dipendenza all’altra: da quella del petrolio a quella del litio (Cina in particolare dunque).
La discussione dovrebbe vertere sulla ricerca del massimo di autonomia strategica, sull’elaborazione di piani industriali di largo respiro, sulla valorizzazione di un mix energetico che includa anche il nucleare. In particolare, l’agroalimentare deve tornare al centro della visione nazionale con la tutela delle nostre eccellenze e l’obiettivo di riconquistare quella capacità produttiva che abbiamo perso negli anni dell’ubriacatura della globalizzazione e delle delocalizzazioni. Contro l’ecologia di facciata si deve riscoprire una “Tradizione ecologica” (dal titolo del libro di Gian Piero Joime e Sandro Righini pubblicato da Eclettica edizioni, un vero manifesto per l’agricoltura nazionale) che metta al centro l’economia reale e sappia coniugare identità e innovazione in nome del coraggio e dell’amor di patria. Se non lo sapremo fare, andremo incontro a una rapida scomparsa in una discesa sanguinosa, colorata però di “verde”, diritti umani e buoni sentimenti.
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