Le nuove regole europee sul default di singoli e imprese

Le nuove regole europee sul default di singoli e imprese

Il rischio, se verranno applicate rigorosamente, è che aumenti il numero dei segnalati alla Centrale dei Rischi, con conseguenze pesantissime per l’economia del Paese.

di Cristina Di Giorgi

Cento euro per i singoli e 500 per le imprese. Sono queste le cifre che, dal 1 gennaio 2021, rappresentano il limite di scoperto oltre il quale i correntisti, se in arretrato di più di 90 giorni nel pagamento di obbligazioni ritenute rilevanti (ovvero superiori dell’1% all’esposizione complessiva del debitore), possono essere considerati dalla propria Banca “cattivi pagatori” e segnalati di conseguenza alla Centrale dei Rischi.

Tali stringenti condizioni, imposte dall’Europa (sono contenute nei nuovi Regolamenti dell’European Banking Authority, che anche in passato non sempre sono stati redatti tenendo conto di specificità e caratteristiche degli istituti bancari italiani, creando più di qualche problema in termini di riduzione del credito concesso ai correntisti), risultano evidentemente molto pericolose, anche e soprattutto in una fase per l’economia italiana e non solo estremamente difficile. Non occorre essere esperti, infatti, per capire che a causa dei blocchi dovuti alla pandemia di Covid 19, sono tantissime le persone fisiche e giuridiche che hanno (e purtroppo avranno per un arco temporale piuttosto lungo) problemi a gestire le proprie finanze. Ed andare sotto di appena 100/500 euro non sarà prevedibilmente un fatto raro.

Quali sono i rischi che tale condizione di “default” comporta? E quali le conseguenze? Entriamo nel dettaglio, cercando di essere il più chiari possibile.

Innanzitutto va detto che la rigidità dei requisiti citati, rispetto alla quale rilevano le proteste sia delle associazioni di consumatori sia dell’Abi (che ha pubblicamente fatto presente che la stessa avrebbe potuto avere potenziali ricadute negative), prescindono dalla discrezionalità di istituti ed intermediari nel valutare il singolo correntista e la sua eventuale capacità di ripresa.

E se è vero, come spiega Bankitalia, che “la nuova definizione di default non modifica nella sostanza le segnalazioni alla Centrale dei Rischi” ma “riguarda esclusivamente il modo con cui classificare i clienti a fini prudenziali” (in altre parole: essere un “cattivo pagatore” sulla base delle nuove regole non vuol dire automaticamente essere iscritto nelle cosiddette “black list”), lo è altrettanto il fatto che la classificazione in questione comporta una maggiore facilità, per coloro che sono considerati a rischio, di essere segnalati. Con la conseguenza di essere impossibilitati ad ottenere prestiti. Gli istituti di credito comunque, aggiunge Bankitalia, segnalano un correntista solo quando ritengono le sue difficoltà a restituire il debito gravi e non temporanee e questo “presuppone che l’intermediario abbia condotto una valutazione della situazione finanziaria complessiva del cliente e non si sia basato solo su singoli eventi, quali ad esempio uno o più ritardi nel pagamento del debito”.

In tutto questo va tra l’altro ricordato che oltre alla Centrale Rischi della Banca d’Italia a operare nel settore ci sono anche soggetti e banche dati private. Che non è detto agiranno come indicato da Bankitalia (potrebbero segnalare i “cattivi pagatori” in automatico).

Tornando alla situazione, per singoli e imprese, che l’applicazione delle nuove regole potrebbe comportare, il pericolo, come segnalato dall’Unione Nazionale Consumatori, è la compromissione o la maggiore onerosità del futuro accesso al credito del correntista. Essere classificati “in default”, infatti, “può avere riflessi sulle relazioni creditizie tra gli intermediari e la loro clientela, la cui gestione può come conseguenza – scrive ancora Bankitalia – comportare l’adozione di iniziative per assicurare la regolarizzazione del rapporto”.

In altre parole “se prima chiudevano un occhio se andavate in rosso, ora vi chiederanno di rientrare, magari addirittura prima dei famosi 90 giorni. E in questi tempi difficili, non è detto che si riesca a farlo” sottolinea l’Unione Consumatori. Che aggiunge a tale precisazione un commento piuttosto amaro: “quando hai bisogno di un aiuto, se invece di dartelo ti chiedono di rientrare e ti tolgono la terra sotto i piedi, allora cominciano davvero i guai” perché debito chiama debito, gli inadempimenti diventano persistenti, la situazione di difficoltà diventa grave e non più temporanea. E a quel punto nella centrale Rischi ci finisci davvero”.

In conclusione, oltre a consigliare a tutti di fare molta attenzione alla propria condizione creditizia, non si può fare altro che augurarsi che la ripresa sia più rapida della caduta dei molti (troppi) che, anche a causa dell’inadeguatezza delle misure di sostegno a singoli e imprese messe in campo fino ad ora in Italia, rischiano di finire schiacciati negli ingranaggi che abbiamo in questa sede cercato di descrivere. Con conseguenze evidentemente pesantissime anche per l’economia italiana in generale, già molto provata dalla crisi dovuta alla pandemia.

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