RICORDIAMO  GIUSEPPE PARLATO. UN ESEMPIO DI RIGORE ED ANTICONFORMISMO

RICORDIAMO GIUSEPPE PARLATO. UN ESEMPIO DI RIGORE ED ANTICONFORMISMO

Di Mario Bozzi Sentieri

In un panorama nazionale segnato da una storiografia “incolta”, votata  alle polemiche contingenti e strumentali, Giuseppe Parlato, scomparso il 2 giugno all’età di 73 anni, ha rappresentato un esempio di anticonformismo e di rigore del tutto originali. I due termini non sono in contrasto. Parlato (che è stato, tra i numerosi incarichi, professore di Storia contemporanea e direttore dell’ Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea) ha saputo coniugarli simultaneamente, aprendo nuove vie alla ricerca storica, senza venire meno ad una rigorosa opera di approfondimento, sostenuta da puntuali riscontri documentaristici.

Su questi percorsi si collocano le sue prime, originali ricerche dedicate al sindacalismo fascista e al fiumanesimo, basi della cosiddetta “sinistra fascista”, certamente  la più inquieta fra le diverse e non di rado conflittuali anime del fascismo, a cui il nostro dedicò un testo fondamentale per acutezza d’analisi e profondità documentaristica (La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, il Mulino, 2000). Parlato identificò i tratti salienti del mosaico di idee, valori e umori che ne costituirono l’identità, sia durante il Ventennio ma ben oltre esso, seguendo il “fiume carsico” della “sinistra nazionale” dopo il Ventennio fin dentro gli Anni Settanta, durante la complessa e contraddittoria esperienza neofascista. Alla base un forte spirito antiborghese e anticapitalistico, un’idea della politica come rivoluzione, l’obiettivo di una democrazia popolare totalitaria di radice rousseauiana, espressa  dal sindacalismo rivoluzionario d’anteguerra, e poi incarnato  nelle strutture sindacali e nelle organizzazioni giovanili universitarie.

Sull’onda di questa autentica “scoperta” emergono le ricerche relative alle origini del Msi (Fascisti senza Mussolini. Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948, il  Mulino, 2006). Con questo testo Parlato rovescia la visione tradizionale di un neofascismo puramente nostalgico, inserendo il Msi nella politica della Guerra fredda e nella lotta anticomunista, ma offrendo inusuali squarci storici: la prima apertura ai neofascisti, realizzata da Togliatti nel novembre 1945; il ruolo della Chiesa nella loro organizzazione unitaria; i rapporti fra i neofascisti ricercati dalla polizia con autorità di governo e uomini politici antifascisti al fine di concordare l’amnistia Togliatti; gli uomini della Decima Mas invitati come addestratori dei reparti d’assalto in Israele; aspetti nascosti dell’attentato all’ambasciata inglese a Roma (1946); le profonde differenze fra la strategia di Romualdi e quella di Almirante al momento della nascita del Msi.

E’ su queste ricerche “di base” che Parlato ha, nel corso degli anni, incardinato la sua attività di studioso curioso ed appassionato,ben lontano però dalla vulgata apologetica e vittimista dell’ambiente nostalgico, sia dall’impostazione polemica e militante di alcuni autori antifascisti.

Ne offrono – tra gli altri – significativi riscontri i saggi La Fiamma dimezzata. Almirante e la scissione di Democrazia Nazionale (Luni editore, 2017); La Nazione dei nazionalisti. Liberalismo, conservatorismo, fascismo (Fallone editore, 2020); Le destre nell’Italia del secondo dopoguerra. Dal qualunquismo ad Alleanza Nazionale (con Andrea Ungari, Rubbettino 2021). Accanto a questa opera di ricerca Parlato è stato però anche un instancabile organizzatore di eventi culturali, grazie alla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, nata nel 1981 (per volontà di Gaetano Rasi) come Fondazione Spirito a cui proprio Parlato fece aggiungere in seguito il nome del professore reatino suo maestro. Un ente che ha presieduto fino alla sua scomparsa, attorno alla quale ha cresciuto generazioni di allievi e di studiosi.

Ricordo, per esserne stato testimone  – eravamo agli albori del 2000 – le prime riunioni, da lui organizzate a Roma, per creare, a livello nazionale, regione per regione, una vera e propria rete (l’Archivio delle destre) attraverso cui  raccogliere materiale documentario degli esponenti del Movimento Sociale Italiano, in modo che fossero facilmente fruibili e a disposizione degli interessati. Ed i risultati, grazie alla sua instancabile azione, arrivarono, salvando una memoria altrimenti destinata alla dispersione e all’oblio.

Ne è  vivente testimonianza il corpus bibliotecario, archivistico e l’ emeroteca, rappresentativi delle diverse espressioni della cultura politica delle destre italiane dal 1943 ai nostri giorni, con oltre settanta fondi archivistici, conservati presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, gran parte dei quali è stata dichiarata di interesse storico particolarmente importante dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio del Ministero della Cultura.

E poi c’è – come ha puntualmente segnalato (in L’allievo di De Felice che ha capito il peso del sindacalismo fascista, “il Giornale”, 3 giugno 2025) Francesco Perfetti, docente di scuola de feliciana e grande amico di Parlato – un altro aspetto della figura e della personalità di Parlato che merita di essere sottolineato: quello che ne ha fatto per tanti giovani studiosi un punto di riferimento e cioè una sorta di ‘vocazione’, per così dire, pedagogica. Parlato, insomma, non era soltanto un valido studioso, che ha legato il proprio nome a lavori considerati fondamentali, e un animatore culturale nel senso più ampio del termine, ma era anche un professore che si preoccupava di insegnare ai propri allievi, di creare una ‘scuola’ insomma”.

L’auspicio è che questa “scuola”, eredità culturale e spirituale di Giuseppe Parlato, continui a crescere. Particolarmente oggi, in una stagione che pare orfana di studiosi autentici, il suo esempio di grande studioso rimane, con l’indelebile tratto della sua generosità ed ironia.

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