Di Mario Bozzi Sentieri
L’allarme viene dalla Coldiretti, la principale associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura nazionale: a causa del caldo estremo nelle nostre campagne siamo all’emergenza produttiva, con vistosi crolli nella produzione di frutta, verdura, latte e miele.
Fino a questo momento, l’effetto combinato delle alluvioni e del caldo estremo ha ridotto del 70% la produzione di miele, del 60% quella di ciliegie, del 10% quella di grano e del 10% la produzione di latte. Ma gli effetti potrebbero essere anche peggiori verso la fine dell’estate, dato che il caldo anomalo sta ostacolando anche le operazioni agronomiche e di raccolta, sospese nelle ore più afose per tutelare la salute delle persone.
Coldiretti ha rimarcato una situazione particolarmente grave per le api, che non riescono a uscire dalle arnie per raccogliere nettare e polline, e per le mucche, dove il consumo energetico è alle stelle per refrigerare gli animali, che a causa dell’afa mangiano poco e bevono il doppio della quantità media di acqua consumata normalmente, 140 litri al giorno contro 70.
Intanto all’orizzonte si delinea una nuova emergenza. A causa degli effetti dei cambiamenti climatici, fra grandinate, nubifragi, alluvioni e ondate di calore, la raccolta del pomodoro da salsa rischia di produrre ancora meno dei 5,6 miliardi di chili previsti per il 2023. Questo, mentre alle frontiere nazionali aumentano del 50% le importazioni di concentrato di pomodoro cinese che costa la metà di quello tricolore grazie allo sfruttamento dei prigionieri politici e della minoranza musulmana degli Uiguri nello Xinjiang. Uno scenario in cui la Cina, con 7,3 miliardi di chili nel 2023, sorpassa l’Italia nella classifica mondiale dei produttori di pomodoro da industria che conta 70 mila gli ettari coltivati a pomodoro da salsa, con la Puglia il principale polo nel Mezzogiorno con quasi 18 mila ettari concentrati per l’84% proprio a Foggia.
Nel contempo la corsa dell’energia e delle materie prime in Italia si riflette sui costi di produzione del pomodoro superiori del 30% rispetto alle medie storiche, anche per il gap delle infrastrutture logistiche di trasporto; il tutto mentre agli agricoltori vengono pagati solo fra i 15 e i 17 centesimi al chilo.
L’aumento della produzione di pomodoro da industria cinese e la differenza di prezzo hanno determinato la ripresa di fenomeni fraudolenti di difficile individuazione data l’alta diluizione a cui il prodotto è sottoposto per l’ottenimento dei diversi derivati del pomodoro.
Anche chi fino ad oggi non aveva acquistato semilavorati del pomodoro dalla Cina – denunciano Coldiretti e Filiera Italia – viene tentato da prezzi bassissimi e dalla mancanza di un rispetto di etichettatura d’origine obbligatoria sui derivati del pomodoro utilizzato nell’UE, alimentando le distorsioni sul mercato. Siamo – in definitiva – alla “guerra del pomodoro”, con gravi ricadute su alcune filiere dei nostri territori ed una conseguente necessità strategica e gestionale d’intervento.
“Servono menti, non braccia” – scriveva qualche anno fa, Sandro Righini, nel suo documentato ed appassionato intervento sulla “politica agricola”, inserito nel volume “L’Italia del futuro” (Eclettica, 2020), con ciò indicando le priorità “strategiche” del nostro Paese sul fronte “produttivistico”.
“In agricoltura – notava Righini – il concetto di produzione è oggi vilipeso e sminuito. In particolar modo in Italia, dove siamo andati via via ubriacandoci delle nostre eccellenze, senza renderci conto che puntare troppo su di esse, indi sulle esportazioni, a discapito non solo della domanda interna, soddisfatta da merci importate a minor prezzo, ma anche della propria sicurezza alimentare, è un atteggiamento miope”.
In questo contesto “macroeconomico” la difesa delle nostre produzioni agricole passa perciò attraverso una intelligente opera di “modernizzazione” e di “mobilitazione” sociale e politica, in grado di dare nuova centralità alla ricerca biotecnologica in campo agrario (dopo decenni di egemonia da parte di un ambientalismo integralista ed irrazionale).
Nel contempo è urgente una gestione “organica” delle realtà di crisi, in corso ed annunciate, sulla falsariga di quanto già previsto dal Governo, su proposta del Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare (MASAF), con l’istituzione di una Cabina di regia che possa riportare, a livello politico, i problemi legati alla siccità, esercitando – si legge nel decreto costitutivo – “funzioni di indirizzo, coordinamento e monitoraggio attraverso la nomina di un Commissario che, tra gli altri poteri, potrà rimuovere gli ostacoli di carattere burocratico e amministrativo che siano emersi e che abbiano impedito alle autorità competenti in via ordinaria, la realizzazione degli interventi infrastrutturali; misure per aumentare la capacità delle dighe, anche attraverso attività di manutenzione straordinaria (sghiaiamento, pulizia e riparazione), impiegando risorse già assegnate ma non ancora spese”.
Identità, competenze, volontà politica, partecipazione (dei corpi sociali): sul fronte agricolo in questi ambiti si gioca la “guerra dei pomodori” e non solo. Dopo anni di immobilismo e di incertezze la partita è aperta. E va giocata con consapevolezza d’intenti (in ragione degli autentici interessi nazionali) e determinazione. Da qui, anche da qui, passa la “sfida italiana”.
Lascia un commento