(12. QUALE SOVRANISMO?) COME SI REALIZZA E CHI ADEMPIE LA MISSIONE SOVRANISTA?

(12. QUALE SOVRANISMO?) COME SI REALIZZA E CHI ADEMPIE LA MISSIONE SOVRANISTA?

Di Guido Taietti

Il piano teorico e definitorio del Sovranismo è stato piuttosto approfondito in questi ultimi anni e, ad esempio, proprio su questo stesso sito potrete trovare interessanti riflessioni che considererei esaustive.

Vorrei pertanto affrontare un piano differente: non ci chiederemo nelle prossime righe quindi, cosa sia il sovranismo dal punto di vista teorico o contenutistico, ma piuttosto come si realizzi e chi sono gli attori principali che concorrono a concretizzarlo. Concentrandosi su questo piano più operativo, prasseologico, partiamo da una premessa:

La condizione di Sovranità è per uno Stato la condizione di normalità, anzi la Sovranità è l’elemento costitutivo dello Stato – Nazione (assieme a Popolo e Territorio).

Il sovranismo è dunque una offerta politica (se fatta dai leaders) o una domanda politica (dal punto di vista degli elettori) che si genera quando è diffusa la percezione che la sovranità di una comunità politica sia minacciata. Pertanto in Italia il grande consenso elettorale legato alle tematiche sovraniste è diretta conseguenza della presenza di partiti e leaders che invece predicano e lavorano, ad esempio, in senso anti nazionale ed anti sovranista spingendo affinché le decisioni riguardanti il futuro del popolo italiano vengano prese da forze non nazionali: il -fantomatico- mercato, l’Europa, le ONG ecc ecc. Di per sè dunque il sovranismo ha a che fare più col recuperare la sovranità che possederla e con il trovarsi in una situazione anormale e patologica di crisi costitutiva in uno Stato-Nazione. Non a caso infatti in Nazioni più “sane” o Sovrane spesso l’offerta politica sovranista è ridotta ai minimi termini o non è appannaggio di nessun partito politico particolare proprio perché è considerata una sorta di patrimonio comune di un arco costituzionale o almeno di larga parte di un sistema partitico.

Chi sono gli attori invece che compongono questo fronte sovranista, dove tale offerta politica esiste?

Sono gli attori che tendenzialmente si oppongono al progetto progressista sul piano culturale e globalista sul piano economico e politico.

I più importanti sono due: i partiti populisti più identitari e le microrealtà più militanti e radicali che non sono in grado (e spesso non intendono) invece agire sul piano elettorale.

I partiti populisti sono straordinari strumenti per attrarre consenso, ma purtroppo spesso incapaci di incidere seriamente sul piano politico. Le realtà più militanti possono sopperire invece fornendo, grazie all’apporto militante, una maggiore “densità” al messaggio: riflessioni politiche, centri studi, riviste, libri nascono solitamente da queste microrealtà più che dal mondo interno ai partiti populisti che culturalmente hanno una certa ritrosia a dedicare molto spazio all’apporto intellettuale.

Molte caratteristiche dei partiti populisti li rendono strumenti adatti ad aggregare consenso, ma sono microrealtà più radicali a dover e a saper lavorare per portare il consenso in una direzione piuttosto che un’altra perché la tendenza populista ad inseguire “il consenso per il consenso” raramente porta con se risultati politici duraturi e sicuramente non è sufficiente per assolvere la missione sovranista.

Infatti se i partiti populisti, in questa epoca post ideologica, sono particolarmente adatti non solo a piacere all’elettore, ma addirittura ben si adattano alla dimensione “social” fatta in larga parte di chiacchiere prepolitiche, è però altrettanto evidente che è non è sul piano elettorale che si può dare una profondità ed una strategia al sovranismo.

Spetta pertanto ad un ragnatela di movimenti, siti internet, centri studi, riviste, associazioni culturali che diffondano le categorie sovraniste e diano una dimensione culturale, ma anche “metapolitica” all’idea di Sovranità.

Il futuro del Sovranismo, compresi eventuali successi politici che siano più duraturi di un appuntamento elettorale, dipenderà soprattutto da chi si confronta e lavora su idee, dati, studi non solo in tempi di votazioni.

Occorre lavorare per rafforzare la dialettica tra queste due forze perché, piaccia o non piaccia sono complementari e devono esserlo per essere efficaci: i movimenti più radicali non possono davvero sperare di ottenere qualcosa se non trovano un proprio terminale politico e, in ogni caso, non sono in grado di essere efficaci né sul piano locale né su quello complessivo come un partito politico populista.

D’altra parte però, e gli ultimi anni di grandi successi elettorali e di enormi delusioni politiche, stanno proprio qui a mostrarci che un grande consenso che non viene supportato da un apparato culturale -o, se vogliamo, anche ideologico- finisce per non essere sufficiente ad assolvere la missione sovranista.

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