ACCORDO ENI E SINDACATI, UNA BASE DI PARTENZA PER LA PARTECIPAZIONE?

ACCORDO ENI E SINDACATI, UNA BASE DI PARTENZA PER LA PARTECIPAZIONE?

Di Francesco Guarente

Nonostante il continuo disfacimento dei corpi intermedi, nel nostro paese, le relazioni industriali sono da tempo argomento di studio di giuristi e sociologi. In alcune realtà, la contrattazione riveste ancora un ruolo fondamentale per la tutela dei diritti dei lavoratori, come ad esempio in contesti caratterizzati da elevata tecnologia dove le relazioni industriali sono utilizzate come uno strumento di programmazione. In Italia operano diversi gruppi controllati direttamente dallo Stato, che agiscono in settori strategici come la difesa (Leonardo), la cantieristica civile e militare (Fincantieri) o l’energia (ENI).

Proprio l’azienda del cane a sei zampe ha sottoscritto un accordo con le segreterie generali di Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil ed Ugl Chimici il 3 dicembre scorso, denominato Insieme, che ha alla base un novello modello di relazioni industriali a supporto della transizione energetica. E’ bene ricordare la funzione economica dell’Ente Nazionale Idrocarburi in Italia attraverso gli investimenti e le iniziative, puntualmente individuati in un’apposita appendice all’accorso su citato.

In primis vengono elencate le già esistenti attività di Eni nel Paese: 7 centri di ricerca e network, circa 70.000 dipendenti tra lavoratori diretti (21.500) e dell’indotto, 100 piattaforme offshore, 400 pozzi in produzione, 6 centrali di cogenerazione a gas, 4 raffinerie e due bio-raffinerie (Gela e Venezia), 8 stabilimenti petrolchimici, impianti di trattamento delle acque, 4200 stazioni di servizio e circa 7.7 milioni di italiani serviti con il servizio Eni Gas e Luce. L’importanza di una azienda come l’Eni si evince anche dagli investimenti fatti in Italia. L’Eni ha speso circa 20 miliardi nel quadriennio 2016-2019, mentre il piano industriale 2020-2023 prevede l’investimento di oltre 6 miliardi di euro per l’economia circolare, la decarbonizzazione e lo sviluppo delle energie rinnovabili. In aggiunta, l’azienda è proiettata verso nuovi progetti come il CCUS – Carbon Capture Sequestration and Utilization, consistente nella cattura, nello stoccaggio e nell’utilizzazione della CO2. Relativamente a quest’ultimo argomento, l’Eni ha avviato dal 2017 il progetto ADRIATIC BLUE presso il sito di Ravenna. Altro interessante progetto riguarda l’Energy Valley a Viggiano, nel potentino, dove l’Eni gestisce la più grande piattaforma petrolifera dell’Europa continentale, croce e delizia della Valle d’Agri. Il progetto pone diversi obiettivi: con esso si punta alla rigenerazione dei territori mediante l’agricoltura sostenibile e l’agricoltura 4.0, alla creazione del Centro di Monitoraggio Ambientale per i dati relativi al Centro Olio e delle aree afferenti, alla costituzione di un Centro di sperimentazione tecnologica ed interventi di armonizzazione e valorizzazione dell’area dell’Energy Valley ed, infine, al recupero degli edifici già esistenti. Inoltre, il piano industriale prevede la sperimentazione di numerose iniziative di ricerca e sviluppo dell’ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) con sede principale a Gela, sul prototipo di Ravenna. Gela è stata identificata come «hub» nel la gestione delle apparecchiature e dei sistemi di monitoraggio brevettati da Eni, un progetto pilota solare a concentrazione (CSP), che è stato installato ed avviato per test sperimentali nel 2019, un necessario e speranzoso risanamento ambientale, per la sperimentazione da parte di Eni Rewind di 4 tecnologie innovative per monitoraggio e bonifica di suoli e falde. Questi sono solo alcuni esempi dei progetti che Eni porta avanti nel nostro paese. La loro portata manifesta l’importanza del controllo statale su aziende come queste, in un ottica di investimenti sul territorio e implementazione tecnologica per il futuro dell’energia e della salute.

Il programma di rigenerazione energetica previsto dall’Eni, il quale mira alla decarbonizzazione del Paese, implica uno sforzo notevole non solo da parte della dirigenza, ma anche da parte dell’intera struttura aziendale, compresi naturalmente i lavoratori tutti.

L’accordo recita testualmente:

Lo scenario di riferimento e le opportunità offerte dalla transizione energetica necessitano di un sistema di relazioni industriali capace di implementare il rapporto delle relazioni tra le parti, con l’obiettivo di sviluppare un modello di interlocuzione adeguato alle nuove esigenze e caratterizzato da un confronto preventivo utile a definire quelle soluzioni capaci di accompagnare la fase di cambiamento nello scenario della transizione che segnerà il percorso nei prossimi anni[1]

Nello specifico, l’azienda ritiene opportuno iniziare un processo di cambiamento delle relazioni industriali non più incentrato solo ed esclusivamente sullo scontro, che sottolineo ha una sua funzione sindacale, né sulla sterile concertazione tipica di molte realtà aziendali, nelle quali le RSU sono semplici portatori di informazioni della direzione. Al contrario, l’idea alla base di “Insieme 2020” è di puntare alla nascita di una struttura capace di coinvolgere i lavoratori nelle scelte strategiche dell’azienda.

Entrando nel merito di tale orientamento, è rilevante notare come l’accordo preveda l’incontro annuale tra l’AD e le segreterie nazionali dei sindacati firmatari, al fine di illustrare il piano industriale quadriennale. In aggiunta, sarà istituito un comitato strategico con incontri semestrali  “in caso di informazioni rilevanti da condividere, per analizzare gli scenari nazionali ed internazionali e per gestire le eventuali ripercussioni economiche, produttive ed occupazionali[2]”. Il suddetto comitato sarà composto da 3 rappresentanti aziendali ed i rappresentanti delle segreterie generali e nazionali dei sindacati presenti in azienda. E’ stato confermato il comitato HSE, nato con lo scopo di una proficua collaborazione in merito alla Sicurezza, Salute ed Ambiente, ma ciò che davvero fa la differenza è l’istituzione del comitato per il Welfare aziendale composto da 3 rappresentanti aziendali e 3 rappresentanti sindacali. Tali figure dovranno collaborare per individuare, analizzare e promuovere ulteriori possibili iniziative di solidarietà e supporto ai lavoratori. L’accordo traccia le linee guida nell’ambito del welfare e del benessere del lavoratore, perseguito attraverso misure come l’apertura dell’asilo nido presso la sede romana in aggiunta a quello precedentemente istituito presso quella milanese o, ancora, l’organizzazione dei campi estivi per i figli dei lavoratori. Oltre a misure di conciliazione vita-lavoro, l’accordo pone le basi per lo sviluppo di un processo di digitalizzazione che porti ad un maggior utilizzo dello strumento del lavoro agile. Tali scelte nascondono un rischio evidente, poiché, al netto del beneficio di chi purtroppo ha difficoltà in famiglia, lo Smart Working può rendere il lavoratore un soggetto completamente isolato dalla realtà dell’azienda, facilmente manovrabile e col rischio più grave di distruggere un collante sociale, quale le relazioni umane, che sono alla base di ogni attività umana, lavoro compreso. Del resto, dalla ricerca del prof. De Masi pubblicata da Marsilio, sembrerebbe che il lavoratore in SW sia maggiormente produttivo, di circa il 20%, per la gioia di azionisti e CDA[3]

Ad ogni modo l’accordo stipulato è un ottimo punto di partenza, soprattutto verso una realizzazione, quantomeno organizzativa, dei lavoratori alle scelte strategiche dell’azienda. L’ideale è una maggior partecipazione dei lavoratori dell’azienda e meno delle segreterie generali e nazionali, in un’ottica di maggior responsabilizzazione dei lavoratori, senza che venga meno il principio della subordinazione, evitando di concentrare eccessivi poteri nelle segreterie nazionali nei processi industriali di colossi come l’Eni.

In un’ottica di partecipazione dei lavoratori subordinati ai processi decisionali delle realtà aziendali presso le quali svolgono la propria prestazione e i quali rappresentano non solo gli interessi di categoria, ma anche quelli territoriali, la pianificazione di un percorso come quello iniziato da Eni può e deve coinvolgere anche le altre importanti realtà industriali del Paese controllate direttamente o indirettamente dallo Stato.


[1] Insieme, modello di relazioni industriali a supporto del percorso di transizione energetica, , 3 dicembre 2020,pag.7

[2] Insieme, modello di relazioni industriali a supporto del percorso di transizione energetica, 3 dicembre 2020, pag.8

[3] D. PORCHEDDU “Smart working. La rivoluzione del lavoro intelligente”: i risultati della ricerca in Bollettino ADAPT 7 Dicembre 2020

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