di Andrea Scaraglino
La nostra quotidianità non fa altro che sottolinearlo: lo spazio lasciato vuoto dalla politica è stato scientemente riempito dall’economia e dalle sue degenerazioni filosofiche. Ma cosa ha permesso questo disimpegno della politica dal suo fine? Ugo Spirito, filosofo attualista dà quella che ci sembra la risposta più azzeccata al quesito:
“La spinta ideale del dopoguerra si è tutta raccolta nel mito della democrazia. La crisi e il disorientamento di carattere filosofico non sono apparsi che a pochi nella loro gravità. Una carica di fede evidente li ha fatti ignorare o dimenticare. Con la fine del fascismo si è riconquistato un vero ideale politico. Contro la dittatura risorgono la libertà e la democrazia […] la dittatura ha cancellato nel nostro paese la democrazia: basta, dunque, eliminare la dittatura e tornare al passato. Un opera di spugna, dunque, di estrema facilità ma anche di estrema ingenuità.”
Il tentativo di semplificare l’analisi storica del passato e la scommessa sul potenziale e autonomo apporto delle masse alla vita politica dell’occidente, dunque, hanno spianato la strada allo smembramento del potere politico, favorendo quello economico. La mancanza poi di una reale progettualità comune di indirizzo politico filosofico tra le forze antifasciste, ha fatto il resto. Difficile negare la mancanza di uno scopo politico ben definito per l’uomo e lo stato nel secondo dopoguerra, in che modo l’uno si interfaccia con l’altro e viceversa? Come e perché scegliere la strada dell’economia mista di stato e non quella più collettivista, piuttosto che quella liberale? Quale indirizzo dare alla scuola dopo la sconfitta dell’idealismo e la sua formazione umanista? Il sistema politico democratico ha lasciato tutte queste domande senza risposta, salvo rare ed eccezionali congiunture che si sono esaurite con l’esperienza personale dei singoli che le hanno incarnate, la “social-democrazia” europea ha lasciato la civiltà occidentale senza una programmazione organica del suo futuro. Individuare se questa sia stata una mancanza derivante da un’incapacità delle diverse classi dirigenti nazionali o una evidente commistione di queste ultime con il potere economico che voleva soppiantare quello politico non è compito di queste righe, sta di fatto che il risultato non cambia.
Si è giunti, dunque, a un disinteresse totale della popolazione per le problematiche politiche. Sempre Spirito afferma:
“Il sintomo vero della crisi è proprio nel vuoto che comincia a determinarsi nelle coscienze dei più. L’interesse per la discussione politica va progressivamente attenuandosi e un sentimento di indifferenza più o meno profonda va diffondendosi dappertutto.”
L’ideatore della corporazione proprietaria raffigurava questo tipo di società nel 1963, con una lucidità disarmante ha descritto l’agonia di un sistema politico nato zoppo e impossibilitato a creare prospettive future per delle popolazioni che sarebbero state, di li a poco, investite dalla più vistosa e totalizzante campagna propagandistica della storia. Una pubblicità che ammalia da decenni le popolazioni occidentali e che gli ha completamente precluso la libertà di decidere autonomamente del proprio futuro. Questa apatia sociale e politica si mostra in tutta la sua preponderanza e perversione, se con un ultimo salto ci approcciamo agli ultimi anni appena trascorsi. L’ultimo decennio della storia occidentale ha infatti dimostrato l’assoluta incapacità delle masse di comprendere gli eventi che così duramente le hanno colpite.
Dall’inizio della crisi del 2008 è stato, infatti, inaugurato un nuovo corso politico-economico ancora più spregiudicato e pervasivo; con la scusa di dover superare crisi economiche congiunturali – che non finiscono mai – il sistema liberal – capitalista ha stretto, ancora di più, le maglie del controllo sulla sovranità economica dei singoli stati. Affinché, venendo meno gli ultimi simulacri di stato sociale presenti in occidente, si permetta ai privati di cannibalizzare totalmente l’entità statale speculando su sanità, previdenza sociale e istruzione. Le favolette dello spread e del debito pubblico, veri spauracchi degli ultimi anni, diventano la leva migliore per imporre, come ci ricordano Dardot e Laval,“le riforme nell’opinione pubblica come misure di salute pubblica” e non violenze inaccettabili.
Per concludere riportiamo le parole dell’introduzione alla prima traduzione italiana de “ Il capitalismo della seduzione”di Clouscard, di Marcello Concialdi, parole che risaltano chiare e purtroppo lapidarie:
“In questa operazione analitica della società post sessantotto, [quella operata da Clouscard] nella quale la liberazione assume anzitutto la forma dello sradicamento morale, si trova questo costante atto d’accusa nei confronti di un sistema di sapere che con la sua seduzione ha illuso di fornire le chiavi per l’accesso all’utopia del godimento, della felicità e del benessere perpetuo in una società pacificata, mentre forniva, invece, sottobanco e con la complicità del carceriere, le catene del giogo del pensiero unico capitalistico.”
A Primosole, tutto questo, è fin troppo chiaro.
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