di Matteo Impagnatiello
Settembre è alle porte e, come se nulla fosse accaduto, è giunto il tempo dei test di ammissione alle facoltà medico-scientifiche universitarie. La crisi sanitaria da covid 19 ha ribadito il valore universale della salute, la sua rilevanza pubblica e l’importanza macro-economica dei servizi sanitari pubblici. La stessa pandemia ha fatto emergere gli aspetti critici che rendono sofferente il Servizio Sanitario Nazionale e la mancanza di medici ed infermieri.
Ed è stata proprio la carenza di medici ed infermieri che ha spinto le diverse Regioni a fare richiesta di personale medico-sanitario-infermieristico a Stati esteri. Il paradosso è che, pur mancando i camici bianchi, il numero chiuso continua a “regolare” l’ingresso ai corsi di laurea nelle facoltà medico-scientifiche. Nonostante la persistenza della crisi pandemica, il Parlamento sonnecchia o, magari, tende ad occuparsi di altro. L’emergenza che si trovano a dover affrontare le strutture sanitarie italiane per la pandemia in corso è sempre più grave. La virulenza del coronavirus è andata ad abbattersi sulle carenze strutturali della nostra sanità: l’insufficienza cronica di medici ed infermieri, lo smantellamento della medicina territoriale, l’imbuto formativo rappresentato dalle borse di studio insufficienti per nuovi medici specialisti. Non sono solo i medici a mancare. Altre importanti figure professionali di cui si è avvertito il forte sottodimensionamento sono gli infermieri, anche loro ingabbiati nel numero chiuso: nel lockdown sono stati aumentati di migliaia di unità, ma in gran parte con modalità di assunzione che hanno pregiudicato il risultato finale.
All’inerzia legislativa che abolisca il numero chiuso, si aggiunge l’ulteriore percentuale di personale sanitario sospeso, poiché non ottemperante all’obbligo vaccinale ex decreto-legge 1 aprile 2021 numero 44. Coloro che fino a ieri erano considerati angeli, salvatori della Patria, oggi rischiano la sospensione dall’esercizio della professione medico-sanitaria, con conseguente potenziale rischio di svuotamento dei reparti ospedalieri.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede investimenti che potranno essere realizzati con la considerevole cifra di circa 248 miliardi di euro. Alla voce “Salute” lo stanziamento è di 18,5 miliardi, “con l’obiettivo di rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio, modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario e garantire equità di accesso alle cure”, tramite la diffusione della telemedicina, anche domiciliare.
E’ evidente la necessità di innovare l’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, fornendo servizi adeguati sul territorio. Questa missione deve tenere in conto l’ineludibile incremento di personale e, pertanto, l’urgente abolizione del numero chiuso.
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