ARCHITETTURE RURALI ITALIANE. UNA MEMORIA DA TUTELARE E VALORIZZARE

ARCHITETTURE RURALI ITALIANE. UNA MEMORIA DA TUTELARE E VALORIZZARE

di Mario Bozzi Sentieri

Le vie della memoria e dell’identità italiana sono complesse. Per questo non sempre ne siamo consapevoli, immersi come siamo nella quotidianità. Ben vengano perciò – in questo contesto – tutte le iniziative impegnate a “ricucire” esperienze storiche e materialità connesse. A ciò  – in fondo – mira il recente progetto, lanciato dal Ministero della Cultura,  finalizzato al “Completamento del censimento del patrimonio costruito rurale e all’attuazione di strumenti informativi nazionali e regionali volti a raccogliere conoscenze su architettura e paesaggio rurale, metodi e tecniche di intervento, trasferimento di buone pratiche e cultura del riuso”. Scopo dell’iniziativa tutelare e valorizzare le architetture storiche e di preservare il paesaggio rurale, in linea con gli obiettivi di protezione del patrimonio culturale e di sostegno ai processi di sviluppo locale.

L’architettura rurale in Italia costituisce un elemento fondamentale del paesaggio agrario, caratterizzato da un’eterogenea moltitudine di strutture e tipologie edilizie che riflettono secoli di storia, cultura ed interazione con l’ambiente naturale. La promozione di un’indagine conoscitiva sull’edilizia rurale è dunque un passo cruciale per approfondire la comprensione di questi contesti,  restituendo la complessità delle tipologie di case rurali,  e permettere lo sviluppo di una catalogazione ricca di informazioni e adeguata alla complessità del tema. Il piano mira infatti a favorire la rigenerazione, il recupero, la cura e la conservazione del patrimonio paesaggistico e architettonico diffuso, riconoscendo l’importanza del paesaggio rurale non solo per il suo valore storico e culturale, ma anche per il suo ruolo nella riqualificazione urbana e nella qualità della vita degli abitanti.

Il perimetro dell’indagine, che sarà estesa a tutto il territorio nazionale, è definito dalle normative (legge del 24 dicembre 2003, n. 378 “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale”; Decreto ministeriale del 6 ottobre 2005, dedicato all’individuazione delle diverse tipologie di architettura rurale presenti sul territorio nazionale; direttiva del 30 ottobre 2008 “interventi in materia di tutela e valorizzazione dell’architettura rurale”); le norme si riferiscono a insediamenti agricoli ed edifici rurali realizzati tra il XIII e il XIX secolo come testimonianza storica delle comunità rurali, le loro economie tradizionali e l’evoluzione del paesaggio. Le tipologie comprendono spazi e costruzioni destinate alla residenza e alle attività agricole, così come elementi materiali che definiscono unità storico-antropologiche riconoscibili.

Gli elementi materiali includono il legame tra insediamenti e spazi produttivi,  attraverso la costruzione di recinzioni e pavimentazioni di resedi pertinenziali, viabilità rurale storica, sistemi di canalizzazione, irrigazione e approvvigionamento idrico, sistemi di contenimento dei terrazzamenti, ricoveri temporanei anche in strutture vegetali o in grotte, e segni della religiosità locale. Nell’architettura rurale rientrano anche fabbricati agricoli come ville di campagna, masserie, fattorie, borghi e complessi agricoli costruiti nel corso dei secoli o durante le grandi bonifiche agrarie degli anni Venti e Trenta del Novecento.

L’importanza di un censimento accurato risiede nella possibilità di comprendere meglio le dinamiche di insediamento e le trasformazioni del paesaggio rurale nel tempo, consentendo di progettare interventi di conservazione e rigenerazione che rispettino e valorizzino le caratteristiche storiche e culturali dei luoghi. Attraverso questa conoscenza approfondita, si può promuovere una riappropriazione culturale e sociale degli spazi rurali da parte degli abitanti, rafforzando il legame tra comunità e territorio e contribuendo alla sostenibilità e alla resilienza dei paesaggi rurali italiani.

C’è tuttavia un  valore metapolitico del recupero della memoria rurale che ci piace sottolineare in una prospettiva più vasta. Di fronte alla messa in discussione degli assetti economici e sociali d’impronta novecentesca (l’industrialismo, oggi globalizzato, insieme agli eccessi del potere finanziario) come non cogliere  in una “ripresa” contadina una plausibile risposta ? Rispetto all’ingovernabilità e ai costi eccessivi determinati dai grandi aggregati urbani, agli squilibri ambientali e all’impoverimento biologico del pianeta, perché non porre  (o almeno non considerare) l’opzione contadina, in ragione della sua memoria, della sua “positività” e alternatività di fronte ad un modello in crisi ? E dunque perché  non considerarne e valutarne le molteplici valenze, senza complessi d’inferiorità, ma in un quadro “organico” di sviluppo e di integrazione sociale, rivendicandone,  rispetto alle esperienze del passato,  un ruolo politico e sociale nuovo ?

Dietro l’ “impoliticità” rurale esiste, ben salda e chiara, una funzione metapolitica, istituzionale, culturale del mondo contadino che va colta non solo rispetto ai legittimi interessi dei produttori ma anche  in ragione della conservazione delle tradizioni e dell’anima più profonda dell’identità nazionale, con evidenti ricadute economiche e sociali.

Pensiamo all’attivazione di un processo di riequilibrio (che sia, nel contempo, spirituale e sociale, economico e spaziale) tra aree ed influenze urbane e non urbane, tra metropoli e campagne, all’integrazione tra produzione agricola ed industria di trasformazione, alla tutela delle tipicità,  autentica barriera contro l’invasione dall’estero di prodotti di bassa qualità.

E mettiamo in conto di costruire nelle aree rurali, recuperate all’abbandono, una nuova alleanza tra colture tradizionali e tecnologia, tra difesa dell’identità ed innovazione, innalzando il livello di vita di chi sovraintende e sovraintenderà a quelle aree, accorciando le filiere, migliorando servizi ed infrastrutture.

All’immagine di un mondo contadino sulla difensiva occorre allora sostituire una nuova volontà insieme culturale e politica, economica e sociale, dandogli uno spazio più ampio, una nuova rappresentanza. In questa direzione essere consapevoli di una Storia e quindi  del valore culturale ed economico-sociale del patrimonio paesaggistico e architettonico diffuso è un ulteriore, determinante passo. 

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