di Mario Bozzi Sentieri
La Storia è colma di protagonisti che con la loro genialità, le loro azioni, il loro pensiero, la loro posizione di potere hanno determinato, condizionato il corso e l’avvenire degli Stati.
Ma il nuovo libro Non fu tutta gloria del ricercatore storico Paolo Chiarenza intende “ripensare” l’operato e l’eredità politica che ci hanno lasciato alcune figure emblematiche le quali hanno letteralmente fatto la storia italiana. Delle figure di Camillo Benso conte di Cavour, Luigi Einaudi e Sandro Pertini sono stati blindati i meriti e le conquiste, riducendo o tralasciando errori, colpe e responsabilità. A questi guarda anche Chiarenza, documenti alla mano, con una brillante opera di comparazione.
Per gentile concessione dell’editore di Non fu tutta gloria (Colosseo Editore, pp. 154, Euro 15,00) pubblichiamo uno stralcio dalla prefazione di Mario Bozzi Sentieri.
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“La ricerca storica – parole di Renzo De Felice – non può non essere “revisionista”. Un’ovvietà? Non proprio visto il panorama della storiografia corrente. In molti, oggi, paiono essersi dimenticati degli orientamenti dello storico reatino, orientamenti che affondavano negli studi di Marc Bloch, della scuola francese degli “Annales”. Nel volume postumo Apologia della storia o mestiere di storico (1949) lo studioso d’oltralpe indicava alcuni canoni irrinunciabili per chi voglia indagare il passato senza incorrere in errori che comprometterebbero l’autenticità dei risultati raggiunti. Fondamentale, secondo Bloch, il ricorso a documentazioni disperse e variegate, che consentano una visione più ampia rispetto a quella data dalla storia politica; altrettanta attenzione viene data all’atteggiamento depoliticizzato e deideologizzato che deve animare lo storico di professione, il cui fine è comprendere il passato, non giudicarlo.
De Felice fece una bandiera delle indicazioni di Bloch, difendendo convintamente le ragioni del “revisionismo” storico contro tutti i travisamenti di parte e le strumentalizzazioni politiche, rifiutando ogni valenza spregiativa alla parola “revisionismo”. (…)
A questa linea metodologica si attiene Paolo Chiarenza, che già in premessa di Non fu tutta gloria, rende esplicito il suo schema di lavoro: volontà di uscire dalla retorica, che ha segnato ed ancora segna i personaggi prescelti (Camillo Benso conte di Cavour, Luigi Einaudi e Sandro Pertini) spesso riducendo o tralasciando errori, colpe e responsabilità. In quest’ottica l’autore di Non fu tutta gloria ribalta la prospettiva analitica, non offrendo una ricostruzione critica di alcuni periodi della Storia d’Italia, quanto piuttosto una differente rappresentazione della vita pubblica dei tre personaggi al centro della sua ricerca.
L’autore – in premessa – dichiara di non amare gli storici, ma di “apprezzarli” per “il loro indispensabile lavoro di studio, di analisi e di documentazione”, pur preferendo i più modesti e misconosciuti ricercatori storici. Essi scoprono notizie, preparano il terreno di indagine, si limitano a narrare gli avvenimenti per come li vedono.
Chiariti gli orientamenti “di metodo”, viene naturale chiedersi: perché sono state scelte queste tre personalità storiche? E’ lo stesso Chiarenza a dare una risposta esplicita e netta: “Non per scalfire la gloria di alcuni ‘monumenti’ della vita nazionale, ma più semplicemente e onestamente per ridimensionare la loro esaltazione che ne fa emblema ideologico e politico ancora oggi; condizionano la realtà dei fatti, sono pietra di paragone inappellabile. Ciò non significa contraddire tanti storici autorevoli, ma vuole fornire nuove spiegazioni, vuole discutere interpretazioni obbligate. Insomma, proviamo ad ammettere che la loro ‘non fu tutta gloria’”.
Su questi crinali scelte “di metodo” (relative al processo di reperimento, analisi e sintesi delle fonti) e “di merito” (rispetto alle diverse opzioni date) si intersecano inevitabilmente, evidenziando luci ed ombre dei personaggi presi in esame. In questo senso il libro di Chiarenza è “revisionista” nella misura in cui, alla maniera di De Felice, recupera tante informazioni storiche e documentazioni sottovalutate, declinandole in modo originale.
Non intendiamo “svelare” i percorsi, interpretativi e documentali, offerti dall’autore di Non fu tutta gloria. Piuttosto vanno segnalati i quesiti che segnano la sua ricerca.
Porre domande – in un tempo conformista come l’attuale – è un’indicazione “di metodo” fondamentale. E rispondere dati alla mano, documentando le proprie scelte, un approccio “di merito” essenziale per non cadere prigionieri di certe strumentalizzazioni politiche, riconsegnandoci il senso di vicende complesse, intorno a cui interrogarci.
“Provate un po’ – scrive Chiarenza – a pensare se veramente Cavour vada definito un ‘Padre della Patria’, anziché un geniale protagonista che con altri personaggi di valore, è stato tra i ‘Fondatori dell’Unità d’Italia’. Provate ad indicare quanto originali e innovativi siano tanti scritti dell’economista Luigi Einaudi, che lui stesso ha definiti Prediche inutili. Provate a rilevare quali imprese patriottiche eccezionali abbia compiuto il partigiano Sandro Pertini, feroce antifascista in gioventù, insistente critico democratico in vecchiaia”.

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