Di Matteo Impagnatiello
Con il disastro della Sanità, la chiusura degli asili nido e delle scuole materne sconvolge la vita delle famiglie italiane. La situazione sanitaria è al limite del collasso. L’emergenza epidemiologica ha spazzato via le deboli strutture ospedaliere, carenti di organico e posti-letto. Del resto, non poteva essere altrimenti, a causa dei molteplici tagli alla Sanità pubblica, quella che, con una punta di orgoglio, amavamo definire una delle migliori, se non la migliore al mondo.
E’ altrettanto inequivocabile che la crisi epidemiologica, con le inefficaci politiche governative di contrasto e contenimento che avrebbero dovuto fronteggiarla, stia provocando pesantissimi contraccolpi negativi socio-economici. E la sostituzione al vertice dell’Esecutivo, con il banchiere Draghi al posto dell’avvocato Conte, non è servito a mutare una politica che insiste sull’esclusiva linea “chiusurista”. Il Paese affonda e, insieme, il sistema socio-educativo, che accoglie i nostri figli. Nelle zone rosse, asili e scuole materne resteranno chiuse. In un Paese affetto da cronica e pluridecennale denatalità, l’art. 43 del DPCM 2 marzo 2021 (indicante appunto la sospensione delle attività degli istituti scolastici) darà l’ennesima mazzata che potrà mettere in ginocchio (si spera non definitivamente) i servizi educativi dell’infanzia, con gravi ripercussioni sui bambini e le relative famiglie, costrette a barcamenarsi tra lavoro e gestione della prole.
Mettere in crisi il mondo dei servizi educativi 0-6 anni vuol dire non garantire l’educazione e la scolarizzazione, unico volano per un futuro di sviluppo; senza asilo e scuola d’infanzia, il mondo lavorativo rallenta o, peggio, si ferma. I bambini hanno bisogno di stare tra pari in ambienti protetti e sicuri. Qualcuno dimentica l’immenso danno sociale e psicologico: i bambini, dalla sera alla mattina, sono stati allontanati dalla propria vita quotidiana in asilo, con una rottura improvvisa. Gli Esecutivi che si succederanno, compreso l’attuale, dovranno sforzarsi di comprendere che un intero patrimonio pedagogico, iniziato il 17 giugno del 1850 a Milano (anno di fondazione del primo asilo nido) non può essere così maltrattato. In generale, la scuola di ogni ordine e grado deve essere considerata come un servizio essenziale. Un appello va rivolto a tutti gli attori in campo (imprese, banche, assicurazioni e fondazioni dal versante privato; enti locali e istituzioni statali da quello pubblico) che potranno/dovranno fare la loro parte in questa complessa fase.
L’ultimo decreto legge, datato 13 marzo 2021 numero 30, all’articolo 2, rubricato “Interventi di sostegno per lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena” concede poco in termini di congedi parentali: questi ultimi saranno retribuiti al 50% per chi abbia figli minori di 14 anni, mentre dai 14 ai 16 anni non saranno retribuiti. E’ stato previsto un bonus baby sitter, alternativo al congedo parentale, fino a 100 euro a settimana, ma solamente per i lavoratori autonomi, i sanitari e le forze dell’ordine. Con buona pace delle altre categorie dei lavoratori-genitori. Nella cosiddetta terza ondata pandemica, piuttosto che i già citati provvedimenti-tampone, ci si attendeva una politica di salvaguardia dei servizi all’infanzia. Perché questo è il vero patrimonio della Nazione: i bambini e la loro educazione. Pare che, ancora una volta, i bambini siano i grandi esclusi. Che tornino ad essere priorità, evitando di mettere così in difficoltà le famiglie italiane.
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