di Mario Bozzi Sentieri
In sede di relazione introduttiva al XIX Congresso Confederale, il Segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ha posto l’accento sulla necessità di costruire un nuovo modello di relazioni sociali, attraverso la realizzazione della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, come previsto dall’art. 46 della Costituzione.
“Lanciamo oggi la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare sulla partecipazione” nei board delle aziende, private e pubbliche, a partire da queste ultime. “Questo è il nostro impegno, questa la nostra battaglia” – ha annunciato Sbarra. La partecipazione – ha sottolineato – “va costruita dal basso, attraverso l’incontro negoziale e la bilateralità. Ma va anche promossa con una legge di sostegno ad un accordo quadro che promuova forme di vera e propria cogestione. Un modello applicabile alle grandi aziende pubbliche e private, con consigli di sorveglianza composti anche da rappresentanti dei lavoratori. Fissando il traguardo al coinvolgimento strutturato del mondo del lavoro alla vita finanziaria e alla governance d’impresa. Il tempo è arrivato”.
L’annuncio non ha trovato la giusta eco a livello di mass media. Evidentemente il tema dà ancora fastidio: “ripensare” il dialogo sociale attraverso un organico intervento legislativo vuole dire infatti mettere finalmente da parte le vecchie logiche classiste, individuando reali strumenti partecipativi interni alle aziende.
La Germania è dal 1951 che, con la “codeterminazione” (Mitbestimmung) , ha fatto scuola a livello europeo. In Italia è stata invece la conflittualità a “dare la linea”, con in testa la Cgil, a cui si sono accodate, con fasi alterne, sia la Cisl che la Uil. Eppure, almeno formalmente, non è eccessivo parlare, proprio per le sue storiche ascendenze “cattoliche”, di “vocazione partecipativa della Cisl”.
Dopo gli anni della conflittualità permanente, con la Segreteria di Raffaele Bonanni il tema aveva ritrovato, all’interno della Cisl, una nuova centralità, sulla scia delle iniziative parlamentari di Maurizio Castro, Pietro Ichino e Tiziano Treu. Negli stessi anni (2009-2010) grazie al ministro Maurizio Sacconi e alla sua idea del “Codice della partecipazione”, contenente una raccolta ragionata della normativa vigente in Europa e in Italia, le fondamenta del progetto sembravano gettate, a livello politico e sindacale. Oltre i buoni auspici non si è però andati e con il 2011, l’annus horribilis per il centrodestra, segnato dalla fine del Governo Berlusconi IV, a parlare di partecipazione è rimasta solamente l’Ugl, storica vessillifera della cogestione.
Giunti a questo punto le dichiarazioni di Sbarra possono rappresentare una svolta ? Per la Cisl si deve però passare dalle parole ai fatti: la raccolta firme – annunciata in sede congressuale – per una legge di iniziativa popolare sulla partecipazione non può essere un passaggio formale. Anche in ragione degli equilibri interni al fronte sindacale.
Intanto, per voce del suo Segretario Generale, Paolo Capone, la presa di posizione dell’Ugl non si è fatta attendere: “Apprezziamo – ha dichiarato Capone – l’apertura e la sensibilità mostrata su questo tema dal Segretario Generale Luigi Sbarra in occasione del XIX Congresso Confederale della CISL. E’ necessario superare le barricate ideologiche e passare dalla lotta di classe a un patto tra capitale e lavoro basato sulla collaborazione. Ha ragione Sbarra quando sostiene che l’unità sindacale non è più un feticcio ma uno strumento per raggiungere determinati obiettivi, a partire dalla difesa dei diritti e del potere d’acquisto dei lavoratori. Il momento storico che stiamo attraversando impone più che mai un rafforzamento dei corpi intermedi e l’avvio di una nuova fase nelle relazioni fra Governo e parti sociali. Come Ugl, pertanto, auspichiamo la riapertura del tavolo della contrattazione per affrontare le nuove sfide che riguardano i salari e la sicurezza dei lavoratori”.
Non è un passaggio di poco conto. In discussione, una volta affermata l’idea partecipativa, sembrano esserci le ragioni stesse di un’unità sindacale vecchia di cinquant’anni e più, costruita su motivazioni ideologiche tramontate ed in un contesto socio-economico completamente trasformato. Come verrà presa da Cgil e Uil l’idea della Cisl? Le imprese sono pronte alla “svolta”? L’iniziativa “dal basso”, annunciata da Sbarra, sarà veramente il primo passo per l’auspicata applicazione dell’art. 46 della Costituzione? Ed il mondo della politica è pronto a fare la sua parte ? Di una nuova “presa di coscienza” (da parte della cultura, delle forze politiche e dei mass media) c’è bisogno per arrivare finalmente a realizzare l’auspicata integrazione sociale. Ed anche di un pieno riconoscimento nei confronti di quanti verso la grande sfida partecipativa hanno sempre guardato e per essa si sono impegnati. A cominciare dal Sindacalismo Nazionale, prima con la Cisnal ed oggi con l’Ugl. Sbarra avrà il coraggio di lavorare per un fronte ampio, costruito intorno all’idea della cogestione? L’importanza della battaglia non permette divisioni e discriminazioni. Soprattutto esclude doppiogiochismi.
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