ROGER SCRUTON È CONSERVATORE, NON LIBERALE

ROGER SCRUTON È CONSERVATORE, NON LIBERALE

Il vero conservatore non ha legami con il liberalismo. Lo ha dimostrato Roger Scruton

Scruton e quell’ossimoro del liberal-conservatorismo

Di Spartaco Pupo

Si registra da più parti un’affannosa tendenza a declinare il pensiero politico di Roger Scruton in chiave liberale per farne se non un interprete del liberalismo classico, almeno un modello di “liberal-conservatorismo”, come spesso viene definito. Niente di più falso.

Non è chiaro quale sia il fine di certi tentativi, peraltro superficiali, di rilettura della figura intellettuale di Scruton. Ma delle due l’una: o si conosce poco il pensiero politico di Scruton, nonostante il crescente numero di edizioni italiane dei suoi scritti, o si cerca di strumentalizzarlo per assecondare esigenze diverse da quelle meramente storiografiche. A voler accreditare la seconda ipotesi, la sensazione è che si cerchi ingenuamente di rendere il conservatorismo il più possibile compatibile con una vagheggiata idea di “destra liberale”, liberista e libertaria. Come se il conservatorismo in sé fosse troppo comunitarista, sociale e statalista per potere essere “accettato” da una indefinita ma “passabile” visione di “destra”.

Vero è che per taluni la destra “buona”, “nuova” e “presentabile” è solo quella che piace alla sinistra. Ma quand’anche dovesse essere questo il paradigma della destra nuova, non è detto che la costruzione di una simile idea di destra debba necessariamente passare da un adattamento del pensiero politico di Scruton. Il rischio che si corre, a tal riguardo, è duplice: mortificare, da un lato, l’eredità intellettuale di un autore che alla definizione concettuale del conservatorismo politico ha dedicato l’intera esistenza e rendere, dall’altro, un pessimo servizio alla causa stessa della destra italiana, spesso accostata, ultimamente, proprio al pensiero e all’opera scrutoniana.

Se c’è un merito da ascrivere a Scruton e ad altri autori novecenteschi dell’area angloamericana, come Nisbet, Kirk, Weaver, Viereck e altri, che con lui hanno condiviso la medesima impresa intellettuale, è proprio l’avere restituito al conservatorismo contemporaneo la dignità di dottrina politica autonoma tanto dal socialismo quanto dal liberalismo. Il conservatorismo nasce e si afferma come anti-socialismo e, insieme, anti-liberalismo, nel senso sia classico che contemporaneo del termine.

Per convincersene basta leggere anche solo superficialmente le principali opere politiche del pensatore inglese dedicate al manifesto “conservatore”, termine che non è mai anticipato da trattino o agganciato a una matrice più o meno “liberale”. Scruton insiste molto sull’incompatibilità del conservatorismo con i principi liberali dell’individualismo e del “consenso”, sull’autorità che precede necessariamente ogni rivendicazione individuale e sullo Stato come “fine” piuttosto che “mezzo” al servizio di individui “liberi e uguali”, come vorrebbero i liberali.

Ma è soprattutto in due saggi che Scruton offre la prova lampante del suo acceso anti-liberalismo: How to be a Non-Liberal, Anti-Socialist Conservative (1993) e How a Conservative Should Oppose Socialism and Liberalism (2012). Nel primo saggio, Scruton dimostra che è possibile in politica essere conservatori antisocialisti e “non-liberali”, e si sofferma proprio sui due principali “sistemi di pensiero politico” che abbiamo ereditato dal XIX secolo: il liberalismo e il socialismo. Entrambi, osserva acutamente Scruton, propongono soluzioni ideali per l’esistenza umana, in termini laicisti, progressisti, secolari, universali, egualitari, “desacralizzati” e al di fuori di da ogni possibile esperienza comunitaria, tradizionale e duratura. Il compito che Scruton assegna al conservatorismo, come legittima “alternativa” seria al socialismo e al liberalismo, è la creazione di un linguaggio autonomo in cui “conservatore” non sia più un termine abusato ma restituisca alla politica il suo vero significato, cioè quello di “forma di associazione” che non sia un mezzo in vista di un fine, ma un fine in sé, e in cui gli uomini vivano non secondo aspirazioni universali ma con attaccamento al “locale” e una profonda “lealtà nazionale”. Il secondo saggio è da Scruton addirittura scritto contro ogni possibile utilizzo del paradigma liberale in chiave conservatrice. Afferma infatti: “In risposta al liberalismo è necessario lavorare per ripristinare le circostanze concrete della giustizia. Ma la vera giustizia è per me molto diversa da quella che approverebbe un socialista o un liberale. Essa, infatti, conserva le disuguaglianze, conferisce privilegi, giustifica il potere. E proprio in questo consiste il suo punto di forza”.

In una delle sue ultime opere, Conservatism: An Invitation to the Great Tradition (2017), Scruton descrive il conservatorismo come “tendenza concorrente” rispetto al liberalismo sia come “filosofia della libertà individuale”, nella definizione che ne hanno dato John Locke e i suoi seguaci, che come “idea progressista” che si è affermata parallelamente alla nascita del socialismo moderno. Il liberalismo classico difende la libertà contro la sovranità, mentre il liberalismo progressista, grazie alle influenze socialiste, è una spinta alla lotta per la libertà e l’uguaglianza. Il conservatorismo, dal canto suo, pure accettando la separazione dei poteri introdotta dal liberalismo, rifiuta categoricamente le interpretazioni liberali del consenso e del contratto sociale, e concepisce l’individuo in termini di doveri da esercitare, più che di diritti da difendere, di istituzioni sociali e tradizioni da tutelare. Tra libertà e ordine, il conservatore non ha dubbi: preferisce l’ordine. Da qui la critica serrata di Scruton al pensiero libertarian di Nozick e a quello liberal di Rawls. Il suo costante riferimento teorico, per intenderci, non è l’individualismo liberale di Locke, ma il tradizionalismo comunitario di Edmund Burke

Per quanto il conservatorismo di Scruton sia relativamente duttile, comunque non “reazionario”, non v’è alcun dubbio sul fatto che, dalla sua prospettiva, lo sviluppo sociale non debba in alcun modo compromettere la difesa della tradizione.

Il liberal-conservatorismo, in definitiva, non è altro che un ossimoro.

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