L’Unione Generale del Lavoro e l’Assodelivery hanno firmato il primo contratto nazionale in Europa per la regolamentazione del settore della consegna a domicilio mediante piattaforme online, conosciuti ai più con il termine inglese riders. La firma del contratto ha scatenato una forte discussione tra l’UGL e i sindacati confederati, CGIL, CISL e UIL. Prima di entrare nel merito della diatriba, che coinvolge anche il Ministero del Lavoro, è opportuno analizzare il CCNL sottoscritto da Assodelivery e l’UGL.
Il contratto sottoscritto il 15/09/2020, che entrerà in vigore dal 03/11/2020 con durata triennale, è senza dubbio una novità storica per il settore del food delivery, poiché ad oggi nessuna sigla sindacale, né in Italia né in altri paese europei ha sottoscritto un accordo tra le aziende della Gig economy e i rappresentanti dei lavoratori[1]. Il contratto consta di 32 articoli, i primi trattano del quadro normativo di riferimento, le caratteristiche peculiari del settore e la sfera d’applicabilità del CCNL. La seconda parte, invece, riguarda le novità introdotte dal contratto in merito al compenso minimo, al recesso, al premio annuale di produttività e all’assicurazione Inail per gli infortuni sul lavoro.
Il primo elemento importante introdotto dal contratto, all’articolo 11, è il compenso minimo per il ciclofattorino, nodo cruciale nella discussione in merito alla funzionalità del CCNL in esame[2]. Il nuovo contratto prevede 10 euro lorde per una o più consegne nell’arco temporale di 60 minuti, con l’eventualità di un’indennità integrativa, oltre la paga base, qualora si dovessero verificare le circostanze del lavoro notturno (dalle 00:00 alla 7:00), lavoro durante le festività e lavoro in condizioni meteorologiche avverse. L’accordo prevede il 10% in più al verificarsi di una sola delle tre condizioni, 15% al verificarsi di due delle tre circostanze, mentre l’indennità sale al 20% con il verificarsi di tutte e tre le condizioni su descritte.
Altro elemento innovatore, per quanto concerne la categoria dei ciclofattorini della Gig economy, riguarda l’incentivo temporaneo previsto all’articolo 12 del CCNL in parola, in sostanza un’indennità all’apertura di ulteriori zone d’operatività delle Piattaforme online in nuove Città o in nuove zone. Il contratto nel dettaglio prevede una tutela temporanea nel periodo di iniziale attività, poiché non avendo certezza della mole di lavoro l’accordo ha previsto, per un periodo minimo di 4 mesi di attività e per ogni 60 minuti di disponibilità continuativa, un compenso equivalente “a una consegna della durata di 42 minuti (pari a 7,00 euro) in assenza di proposte di consegna o un incentivo integrativo che porti ad un compenso minimo equivalente a una consegna della durata di 42 minuti (pari a 7,00 euro), nel caso in cui abbia effettuato consegne per un compenso inferiore, e non abbia rifiutato alcuna proposta[3]”. Naturalmente qualora ci dovessero essere consegne il cui emolumento supera l’indennità di sette euro, il lavoratore perderebbe il diritto all’indennità minima in assenza di chiamata per ottenere, come giusto che sia, il compenso maggiore per il lavoro svolto. Altrettanto importante è l’introduzione di un premio di produzione di 600 euro lordi per il lavoratore qualora raggiunga le 2.000 consegne annuali[4], per ogni singolo committente, al di là del valore economico delle singole consegne.
Elemento di estrema importanza, ad avviso di chi scrive, è la copertura INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, introdotta all’articolo 16, considerando il rischio infortuni elevato per le modalità di svolgimento dell’attività del ciclofattorino. Al successivo articolo 17 è normato, finalmente, l’obbligo delle piattaforme alla copertura dell’assicurazione per danni contro cose o terzi qualora il lavoratore fosse coinvolto in un incidente nello svolgimento della sua mansione. Il contratto inoltre prevede una commissione paritetica e partecipativa, articolo 25, per vigilare sull’attuazione del CCNL, oltre alla possibilità per la commissione, secondo l’articolo 26 del contratto, di discutere e strutturale un ente bilaterale utile a migliorare le condizioni dei lavoratori con inserimenti di strumenti di welfare o di assistenza ai riders.
Il contratto nazionale sottoscritto è senza dubbio un importante passo in avanti, in considerazione del fatto che ad oggi la figura del rider è considerata giuridicamente come un autonomo ed il vuoto normativo accompagnato ad un vuoto contrattuale rendeva il settore terra di nessuno, in cui sicurezza, coperture assicurative e un minimo di garanzia retributiva erano completamente assenti. In virtù di questo è da accogliere positivamente la sottoscrizione del CCNL, come affermato anche da autorevoli giuslavoristi, come il professor Ichino[5] e il professor Tiraboschi[6]. E’ evidente che il contratto presenta dei limiti, in primis la continua menzione dell’autonomia dei ciclofattorini, rischiando di mettere una pietra tombale sulle future tutele per la figura del rider che si pone a metà strada tra il lavoro subordinato e l’autonomo ex articolo 2222 del codice civile. Altro limite evidente è la totale mancanza di una copertura di malattia medio lunga, elemento essenziale considerando il rischio di ammalarsi lavorando all’aperto e in condizioni meteorologiche non sempre delle migliori. Ad ogni modo la strada perseguita dalla triade, cioè applicazione del contratto collettivo della logistica, rischiava di portare ad ud un vicolo cieco. Le associazioni datoriali sostenute anche da alcune sentenze che identificavano il riders come autonomi, hanno più volte rifiutato di sottoscrivere il contratto logistica, prevedendo la subordinazione dei ciclofattorini.
Naturalmente la mancata volontà delle società rischiava di lasciare migliaia di lavoratori completamente allo sbando, mentre ora è possibile partire da un contratto reale, che è senza dubbio perfettibile in diversi punti, ma pone la questione in maniera differente. L’obiettivo non deve essere quello di “azzoppare” il CCNL o di portare avanti battaglie di retroguardia come vorrebbe Landini, ma tentare di costruire con un lavoro di collaborazione tra le sigle sindacali, una veste giuridica adatta alla figura del cicloffattorino delle piattaforme online. In effetti la diatriba si è spostata dalle tutele reali per i lavoratori, alla sfida ideologica tra le sigle confederali e l’ex CISNAL. Considerando senza nessuna logica, al netto dei limiti del presente CCNL la “non rappresentatività” della sigla sindacale. Anche l’intervento del Ministero è fuori luogo, non solo perché il contratto è legittimo, ma anche perché definire contratto pirata un CCNL firmato da una sigla sindacale operante da 70 anni è oltremodo deplorevole avendo presente, come ha dichiarato il professor Tiraboschi “che, per la magistratura italiana e lo stesso Ministero del lavoro, UGL è soggetto sindacale genuino (piacciano o non piacciano le sue posizioni e le sue parentele politiche) dotato di maggiore rappresentatività storica, presente ai principali tavoli istituzionali e firmatario di numerosi contratti collettivi nazionali di lavoro, anche insieme a CGIL, CISL e UIL[7].”
La questione in esame pone inoltre un altra annosa questione, cioè la rappresentatività nel nostro sistema di relazioni sindacali. Il contratto come espresso anche dal prof. Martone, ordinario di Diritto del lavoro presso La Sapienza[8], è del tutto legittimo poiché nel nostro paese esiste la più ampia libertà sindacale. Nel momento in cui una parte dei riders, tramite l’Ugl, ha ritenuto funzionale uscire dallo stallo della trattativa confederale sul CCNL logistica, mai firmato dalla parte datoriale in esame, ha firmato l’accordo con Assodelivery costituendo una categoria a parte, come successe con i piloti negli anni ’70 che con il sindacalismo autonomo uscirono dal CCNL “gente dell’aria[9]” per creare in sostanza la categoria dei piloti.
Nonostante il sistema della contrattazione collettiva abbia origini nel sistema corporativo, ad oggi le categorie non sono strutture bloccate in base alle quali vengono sottoscritti i contratti collettivi, ma è esattamente il contrario, cioè è il contratto che alle volte crea la categoria. Ovviamente il rischio è alto, poiché con il calo dell’attrattività dei sindacati storici nascono diverse sigle poco rappresentative, ma non è il caso dell’UGL, che nella pluralità sindacale è l’unico rappresentane del sindacalismo nazionale. Inoltre è opportuno sottolineare che ad oggi non esiste una norma che renda un CCNL erga omnes, poiché per pavidità politica e per mancata volontà sindacale la seconda parte dell’articolo 39 della costituzione non è mai stata applicata.
[1] P. ICHINO, Perché non va azzoppato il contratto tra Assodelivery e Ugl-Rider, in SmartMagazine.it
[2] G.PIGLIALARMI, Accordo Assodelivery-UGL RIDER: Il nodo del sistema di determinazione del compenso, in Bollettino ADAPT del 28 09 2020 n.35
[3] Articolo 12, comma 1, del CCNL RIDER del 15/09/2020
[4] E’ importante in questa sede menzionare l’imposizione del tetto massimo di 1.500 euro per ogni piattaforma, per evitare un eccessivo incentivo a correre rischi da parte del lavoratore.
[5] P. ICHINO, Perché non va azzoppato il contratto tra Assodelivery e Ugl-Rider, in SmartMagazine.it
[6]M.TIRABOSCHI, Il CCNL Assodelivery-UGL Rider: le ragioni della contesa politico-sindacale e le (distinte) problematiche giuridiche che questo accordo solleva, in Bollettino ADAPT 28 09 2020 N. 35
[7] Ibidem
[8] T. NUTARELLI, Martone, il contratto dei rider è legittimo ma fa emergere i nodi irrisolti del nostro diritto sindacale, in Ildiariodellavoro.it
[9] P. ICHINO, Perché non va azzoppato il contratto tra Assodelivery e Ugl-Rider, in SmartMagazine.it
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