Oltre il Covid e la mala gestio, l’Italia riparta dalle proprie radici (identitarie ed economiche)

Oltre il Covid e la mala gestio, l’Italia riparta dalle proprie radici (identitarie ed economiche)

Di Francesco Marrara

È trascorso poco più di un anno da quando l’Italia è stata investita dall’emergenza Coronavirus. La vita degli italiani è cambiata. Nuovi comportamenti e parole d’ordine sono entrati a far parte della nostra quotidianità. Il tempo sembrerebbe essersi fermato, ma in realtà la pandemia non ha fatto altro che accelerare alcuni processi che prima o poi si sarebbero manifestati. Per cui, come italiani abbiamo il dovere di alzare la testa rimboccandoci le maniche. La nostra classe politica dirigente, incapace di gestire una situazione che pian piano rischia di degenerare verso un punto di non ritorno, deve iniziare a sentire il fiato sul collo affinché possa comprendere la necessità di dover risolvere le problematiche che attanagliano ormai da troppo tempo il nostro Paese.

Il valore dell’identità e delle radici italiane

La storia d’Italia, invero, non è legata al solo evento del Covid. Ogni tanto, occorrerebbe soffermarsi e pensare su cosa siano stati l’Italia e gli italiani nel corso dei secoli. In una parola, un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori. Dunque, il primo passo da cui dover ripartire sono le nostre radici. In un mondo sempre più globalizzato, la consapevolezza di essere una comunità di destino passa inevitabilmente dal concetto di Patria. La retorica patriottica, tuttavia, non sarà sufficiente fin quando non saranno avanzate delle riflessioni mature, ragionate e condivise su cosa sia effettivamente l’Identità italiana.

Andrà tutto bene? Si, ma solo con la riscoperta della Terza Via

Accanto alla riscoperta delle nostre radici, l’Italia deve fare i conti anche con una situazione economica e demografica davvero raccapricciante. Siamo in pieno invero demografico ed il tessuto economico e produttivo del nostro Paese – incentrato sulle piccole e microimprese – rischia di essere completamente spazzato per fare spazio ai grandi colossi multinazionali. Al di là dell’infelice slogan “Andrà tutto bene!”, il Covid ha avuto il beneficio di far riscoprire – anche ai vecchi stregoni liberisti di destra e di sinistra – l’importanza del primato dello Stato e dell’intervento pubblico in economia. Non dimentichiamo, infatti, che la nostra Costituzione – non la più bella del mondo, ma sicuramente una delle più bistrattate – delinea chiaramente una visione sociale ed economica nettamente in contrasto con i dogmi del neoliberismo. L’Italia divenne la quinta potenza industriale del mondo grazie al proprio sistema ad economia mista in cui “pubblico” e “privato” convivevano armonicamente in nome dell’interesse nazionale. Il mito della Terza Via, nato negli anni Trenta del secolo scorso, ebbe piena e concreta attuazione nell’Italia post bellica nonostante le numerose storture dovute alla mala gestio della “cosa pubblica”.

Nel tempo della pandemia universale, pertanto, è necessario pensare ad un nuovo ed efficace paradigma per mezzo del quale rilanciare – sulla scena europea e mondiale – la nostra Grande Nazione. Per fare ciò, non possiamo fare altro che ripartire dalle nostre radici. In primis, riscoprendo il nostro senso di appartenenza alla nostra Madre Patria senza la quale sarebbe difficile avanzare a livello europeo un qualsiasi tipo di iniziativa comune. In secundis, riportando alla luce e quindi attualizzando, il mito della Terza Via italiana: un forte sussulto di orgoglio nazionale mediante il quale recuperare un sistema economico e sociale oramai da decenni in balia della finanza e del libero mercato senza regole.

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