IL MONDO SI INTERROGA SUL RITORNO AL NUCLEARE

IL MONDO SI INTERROGA SUL RITORNO AL NUCLEARE

Articolo del professore Alfonso Piscitelli pubblicato da Il Borghese ad ottobre 2021

Di Alfonso Piscitelli

La partita per il nucleare si riapre. Il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani ha avuto il merito di proporre in Italia il discorso del nucleare di nuova generazione. Le sue parole hanno sfidato un tabù che impera da ormai quaranta anni: quello che associa le centrali nucleari a una catastrofe incombente. Roberto Cingolani si è attirato le critiche proprio da quello che dovrebbe essere il suo partito di riferimento: il Movimento Cinquestelle, che interpreta la transizione ecologica come un mero potenziamento delle cosiddette rinnovabili. Al di fuori dell’Italia in realtà il nucleare viene considerato un pilastro proprio del superamento delle centrali a carbone e una soluzione efficace al problema delle emissioni di CO2. Il presidente Macron – una personalità che la destra italiana a torto ha ridicolizzato con battutacce da caserma su gusti sessuali ed anagrafe – proprio interloquendo con Greta Thumberg ha sottolineato che solo una solida base garantita dalla produzione di energia nucleare può sostenere la sfida della “decarbonizzazione”. I vecchi verdi ideologizzati italiani non saranno d’accordo, ma proprio il nucleare di nuova generazione può rappresentare il volto pragmatico di un sistema industriale del III millennio più compatibile con le istanze ecologiche.

Certo, non tutti condividono il punto di vista francese. Anche su tale questione importante l’Europa si divide. Da un lato il pragmatismo francese, dall’altro una certa tendenza tedesca al dirigismo: la classe dirigente tedesca con un atteggiamento più simile a quello dei pianificatori economici della DDR ritiene che si debba fare a meno dello stesso nucleare così come dei combustibili fossili nel settore automobilistico.

Nel momento in cui la cancelliera Merkel si incammina sul viale del tramonto, si assiste in Germania a una poderosa ascesa del partito verde. I verdi fanno leva su alcune istanze profonde del popolo tedesco: l’amore per la selva, il tentativo di recuperare un mistico rapporto con la natura per tornare alle scaturigini della vita. Hanno notato alcuni acuti osservatori del mondo tedesco che quell’atteggiamento “romantico” che nel settecento ha prodotto il “Pietismo” (religiosità fortemente legata alla comunione con la Natura) e nell’Otto-Novecento ha generato l’inquietante ideologia del sangue-e-suolo ora si sfoga in un ecologismo radicale, che rischia di fare danni quasi quanto l’altra astrazione nata in Germania: il comunismo. L’ascesa dei Verdi ha creato un effetto di trascinamento, per cui anche i democristiani che dai tempi di Adenauer a quelli di Kohl hanno sempre rappresentato il buon senso si sono estremizzati. Il recente piano europeo di rapida eliminazione delle automobili a diesel o benzina è frutto della volontà dei democristiani di non apparire conservatori al cospetto del radicalismo verde… ed è toccato all’italiano Giorgetti far notare due cose che sono evidenti. L’accelerazione sulle auto elettriche rischia di devastare il comparto produttivo del Nord Italia, che non avrebbe il tempo di riconvertirsi. A questo si aggiunge che la forsennata transizione verso le macchine elettriche accentua la dipendenza dalla Cina, per ragioni di materie prime e perché la Cina con il suo sistema industriale pilotato dallo Stato si è inserito prepotentemente nel mercato europeo delle rinnovabili.

Ora di fronte a questi orizzonti dominati dal radicalismo ideologico, il rilancio del nucleare rappresenta una ventata di realismo politico e anche di scientificità, dal momento che il nucleare si è evoluto in questi anni, è diventato (ancora) più sicuro e tende a relativizzare sempre di più il problema dello smaltimento delle scorie.

Era proprio questo che cercava di far capire il ministro Cingolani: se il nucleare progredisce, se il prossimo futuro ci prospetta lo scenario di centrali nucleari di dimensioni molto più ridotte e con una produzione minima di scorie facilmente stoccabili è irrazionale precludersi la possibilità di partecipare a questo progresso tecnologico che garantisce una ampia fetta di autonomia energetica.

È un discorso che in ogni altra parte del mondo apparirebbe sensato e condiviso dagli esponenti degli schieramenti di destra e di sinistra. Ma per sua sfortuna un tecnico preparato come Cingolani parla in Italia… quello stranissimo paese che, unico tra le grandi potenze industrializzate, negli anni ’80 distrusse il proprio sistema nucleare. La devastazione della Russia comunista di Cernobyl invece di suscitare sagge riflessioni sulla assurdità di fondo di quel sistema ideologico – il comunismo – generò per una reazione a catena la rinuncia alle nostre centrali, costruite con criteri significativi di sicurezza dai tempi dell’ingegner Felice Ippolito. Peraltro agli antinuclearisti di allora e di oggi si dovrebbe far notare che noi all’epoca non decidemmo di “abolire il nucleare”, decidemmo semmai di dipendere dal nucleare francese. Infatti noi acquistiamo una quota importante di energia dalla Francia, energia prodotta con centrali nucleari che nessun francese (sia egli gollista o gauchista, tradizionalista cattolico o islamico di terza generazione) si sognerebbe di abbattere…

Forse però c’è una notizia recentissima che potrebbe far ragionare anche gli antinuclearisti più ostinati: l’ENI in collaborazione con il MIT di Boston ha realizzato importanti passi avanti negli esperimenti di fusione. Se questi esperimenti andranno speditamente avanti si apre una epoca nuova nella produzione di energia pulita. Per questo è importante non tagliarsi fuori dalla sfida del nucleare. Del resto chi guarda alle dinamiche di lungo corso si accorge che dal 2000 in poi la tendenza energetica più rilevante non è stata quella dei pannelli solari messi sui tetti o delle pale eoliche che sulle colline appaiono come mulini a vento di don Chisciotte, ma è proprio quella del ritorno al nucleare con paesi tradizionalmente sensibili verso l’ecologia come la Finlandia che sono tornati a costruire centrali nucleari.

Anche senza concretizzare ancora il sogno della fusione, il nucleare si evolve e le centrali nucleari di nuova generazione riducono le loro dimensioni e aumentano la compatibilità ecologica. Di fronte a questo scenario l’Italia – dove purtroppo la maggioranza non la pensa ancora come il ministro Cingolani – è di fronte a un bivio. Il bivio non è semplicisticamente “nucleare sì/nucleare no”. Il vero dilemma è se essere protagonisti del progresso tecnologico-energetico imperniato sul nucleare o se dipendere, a caro prezzo, dalla produzione nucleare di altri paesi più sagaci, le cui classi dirigenti sono consapevoli che la complessità delle società moderne non si concilia con il radicalismo delle ideologie bucoliche. 

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