Trieste, non solo un nodo portuale ma elemento strategico di un sistema logistico molto più ampio

Trieste, non solo un nodo portuale ma elemento strategico di un sistema logistico molto più ampio

Di Raimondo Fabbri

Articolo apparso su “Opinio Juris”

La protesta dei portuali culminata nel blocco delle attività dei giorni scorsi, ha riproposto la centralità geopolitica dello scalo giuliano.

“Quando vengono cartografate le rotte di trasporto piuttosto che le reti di energia, si rappresentano i percorsi sui quali si progetta il potere e si esercita l’influenza”

Parag Khanna

La protesta dei lavoratori del porto di Trieste in seguito all’entrata in vigore dell’obbligatorietà del Green pass per poter svolgere le loro mansioni quotidiane, ha provocato più di qualche preoccupazione e non soltanto per i motivi legati all’ordine pubblico, come poi effettivamente avvenuto in seguito all’adesione alla protesta dei movimenti No-Vax.

L’eventuale blocco delle operazioni nel porto, di fatto non avvenuto, è stato comunque vissuto con trepidazione soprattutto guardando ai numeri: Trieste è il settimo porto in Europa per movimentazione totale di merci e primo in Italia con 62 milioni di tonnellate. È anche il primo terminal petrolifero del Mediterraneo e il primo porto ferroviario d’Italia con 950 lavoratori impiegati.

Uno snodo importante in linea con una tradizione che ha visto per secoli la città di Trieste svolgere un ruolo nevralgico tra gli imperi, ed il suo porto come uno di quelli più fiorenti d’’Europa. Anche oggi, dopo una serie di investimenti oculati, si appresta ad essere il nuovo hub tra l’oriente e l’occidente e tra Nord e Sud, collegando una vasta distesa di strade ferrate affiancate da corridoi intermodali con navi che attraccheranno in un mondo a emissioni zero.

Collocazione strategica

La collocazione strategica della città giuliana è cosa nota, evidenziata da Giorgio Roletto già 70 anni fa, quando venne definita un «quadrivio» e quale sbocco naturale al Mar Mediterraneo per le popolazioni germaniche[1]. Anche per queste ragioni non è passato inosservato l’accordo che lo scorso anno Hamburger Hafen und Logistik Ag (HHLA), operatore del porto di Amburgo, ha sottoscritto con i soci Icop e Francesco Parisi, diventando così il primo azionista della Piattaforma Logistica di Trieste, una delle più grandi opere marittime costruite in Italia negli ultimi anni. Con quell’accordo il porto è diventato snodo fondamentale per l’integrazione delle reti logistiche e portuali tra Nord e Sud Europa[2] sviluppando una sinergia che, lungi dal poter essere liquidata semplicisticamente come un’annessione germanica, porterà notevoli benefici allo scalo ed alla sua Piattaforma, nata proprio per rispondere ad un trend di crescita del traffico merci. Del resto l’operazione giunse nel momento in cui sembrava prendere corpo l’inclusione di Trieste all’interno della Belt and Road Initiative promossa da Xi Jinping con cui l’Italia aveva firmato un Memorandum of Understanding nel marzo del 2019. Il MoU aveva generato forti preoccupazioni per la partecipazione dei giganti cinesi dello shipping (CMGH) e delle infrastrutture (CCCC), facendo allarmare alcuni settori della politica italiana e naturalmente gli Stati Uniti, che ravvisavano negli accordi il tentativo cinese di assumere il controllo di asset strategici nella Penisola.

Sotto questo aspetto, giova rammentare il commento di Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di sistema Portuale dell’Adriatico Orientale per il quale “L’intesa con HHLA è un’ottima soluzione per non rinunciare alla via della seta. Sottolineo via della seta e non Belt and Road Initiative: il secondo è un progetto cinese, il primo un corridoio trasportistico deciso dal mercato. Qui Amburgo e Trieste non sono soggetti passivi, ma attori propositivi che accettano la sfida, non entrando nella logica geopolitica degli investimenti cinesi. Mancava una forte visione europea capace di integrare e bilanciare punto di vista ed interessi provenienti dall’Asia. Tale è il contributo strategico che viene oggi da Trieste […] L’arrivo di HHLA è un esempio di quel che l’Europa può fare se la smettiamo di ragionare in termini nazionalistici”[3]. Trieste è divenuta così un altro terreno dello scontro perenne fra USA e Cina favorita anche da una posizione divenuta oramai strategica per i traffici commerciali con l’intera Europa Centrale ed orientale. Anche per tali ragioni il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza intende valorizzare il porto della città alabardata dove si è ritenuto prioritario investire soprattutto sul piano dell’Inter-modalità nave-ferrovia, implementando al contempo le relazioni con l’interporto di Cervignano in quanto nodo di scambio verso la piattaforma logistica di Norimberga[4].

Un progetto che intende inoltre ampliare le infrastrutture comuni per lo sviluppo della nuova zona franca, proprio in seguito agli accordi strategici con i maggiori operatori europei che in questo modo potranno rafforzarne la proiezione a livello internazionale. In particolare sono previsti anche lavori propedeutici all’insediamento delle attività logistiche e industriali nell’area di Noghere (in vista dell’integrazione con il terminal portuale in corso di realizzazione), compreso il dragaggio del canale e il collegamento stradale oltre all’ammodernamento infrastrutturale e funzionale del terminal container del Molo VII. Naturalmente il piano ha tenuto conto di uno scenario come quello euro-mediterraneo in cui la centralità della Penisola è dimostrata dagli alti volumi intercettati dai porti italiani (da nord a sud) e che contribuiscono a renderci come uno dei leader in ambito EU per merci trasportate in short sea shipping nel Mediterraneo con 204,4 mln di tonnellate 7,5% del totale; elementi che ci permetteranno di giocare in futuro una partita fondamentale tanto dal punto di vista economico quanto da quello geopolitico, a patto che emerga chiaramente la volontà di trasformarli in hub internazionali, rendendoli competitivi come quelli di Valencia, Rotterdam o Tangeri. In una simile prospettiva lo scalo giuliano sarà cruciale dal punto di vista logistico, a maggior ragione dopo l’accordo stipulato con HHLA, divenendo un campione europeo in grado di riaprire la storica via commerciale dall’Europa centrale verso il Mediterraneo, l’Africa e l’estremo Oriente. Un corridoio in grado di aumentare il commercio multimodale tra le regioni europee, in linea con le priorità stabilite dalla Commissione europea e con l’auspicato cambio di paradigma che per Zeno D’Agostino dovrebbe far intendere i porti non come delle mere infrastrutture, ma quali veri e propri centri di competenze in cui dispiegare una strategia europea di medio-lungo periodo, sfruttando la centralità che il bacino Mediterraneo ha riconquistato nel commercio mondiale[5].

Note

[1] M. PIGLIUCCI, La centralità geopolitica di Trieste negli studi di Giorgio Roletto ed Ernesto Massi, Annali della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, XXVIII-XXIX, 2016-2017, pp.45-69

[2] Porto di Trieste: Hhla di Amburgo primo azionista del nuovo hub di logistica marittima, 29/09/2021, url: https://www.ilsole24ore.com/art/porto-trieste-hhla-amburgo-primo-azionista-nuovo-hub-logistica-marittima-

[3] D. D’AMELIO, Dal dragone all’aquila. Il porto di Trieste parla di nuovo tedesco, Limes, n.10/2020, pp.140-141

[4] R. PAVIA, Porti: transizione difficile per l’Italia, 03/09/2021, url: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/porti-transizione-difficile-litalia-31523

[5] A. BORTOLOTTI, Il porto di Trieste: dalla BRI all’accordo con Duisburg, Geopolitica.info, 08/07/2021, url: https://geopolitica.info/il-porto-di-trieste-dalla-bri-allaccordo-con-duisburg/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà reso pubblico.