GIOVANNI GENTILE E IL RINASCIMENTO: IL VALORE UNIVERSALE DELL’IDENTITA’ ITALIANA (parte due)

GIOVANNI GENTILE E IL RINASCIMENTO: IL VALORE UNIVERSALE DELL’IDENTITA’ ITALIANA (parte due)

Di Alfonso Piscitelli

Si deve a Giovanni Gentile la rivalutazione di un pensatore umanista prima di allora (e anche dopo di allora…) trascurato come il fiorentino Giannozzo Manetti, vissuto nella prima metà del Quattrocento e morto a Napoli nel 1459.

In Manetti Gentile vede chiaramente prefigurati alcuni principi cardine della rivoluzione antropologica rinascimentale. Suo fu un libro dal titolo eloquente: “De dignitate et excellentia hominis”: in esso Manetti sviluppava l’idea che il mondo fosse fatto per l’uomo più che per Dio. Dio nella sua perfezione “non ha bisogno”, egli crea il mondo fisico appunto perché sia cornice dell’azione dell’essere umano, nel cui ingegno si riflette appunto la potenza creatrice del Padre.

La rivoluzione umanistica non nega dunque la divinità, ma nel passaggio dal teocentrismo all’antropocentrismo coglie nell’ingegno umano una scintilla della grande luce creatrice che è in principio, e per mezzo del quale tutte le cose sono state create. Utilizzando il linguaggio di Eliade si potrebbe dire che nell’umanesimo l’uomo assume i connotati di un “creatore secondario” (il che in verità è già in nuce in molte mitologie indoeuropee che elaborano la figura di demiurghi dalla fisionomia fortemente antropomorfa: creatori secondari che suggellano l’ordine cosmico trasmettendo leggi civili agli uomini e dando impulso alle prime attività).

In Manetti l’equilibrio tra Dio e Uomo è ben bilanciato: la Natura è creata da Dio, esprime chiaramente l’impronta di un Creatore, ma trova compimento nella mente umana che appunto deve completare l’opera di ordinamento dell’uomo. La storia umana dunque è prosecuzione della storia naturale, anche se è ancora assente il tema che si svilupperà all’inizio dell’Ottocento (probabilmente anche come effetto della filosofia romantica della Natura): quello di evoluzione.

La signoria dell’uomo sulla natura in Manetti si esprime in termini materiali (l’azione fisica trasformatrice della società umana) e in termini spirituali (perché è essenzialmente signoria di un essere pensante che emerge tra miriadi di esseri senzienti) e non disdegna il riferimento a virtù di tipo magico, come spesso accadeva nella cultura rinascimentale.

Il tema della centralità dell’essere umano nel mondo fisico non può che portare l’attenzione su un altro autore, più celebrato, della cultura rinascimentale: Marsilio Ficino.

Parendo dal concetto della centralità dell’uomo – “copula mundi”, anello di congiunzione tra le gerarchie angeliche e i regni della natura – Ficino valorizza la sua libertà e l’attività creatrice: l’uomo è il solo essere capace di crearsi una storia. Nel Rinascimento albeggia quella coscienza distintamente storica che poi condurrà all’esigenza di una “Scienza Nuova” (appunto la scienza storica) con Giovan Battista Vico.

In quanto creatore di storia l’uomo si svincola della eterna ciclicità della natura e diventa fattore di progresso. La cultura rinascimentale realizza così una coincidentia oppositorum: guarda nostalgicamente ad un’arcadia classica, ma nello stesso tempo (appunto perché scandisce una differenza qualitativa tra le epoche) marca fortemente il senso di una scansione storica. Sulla carreggiata della storia umana si succedono cicli storici qualitativamente diversi e gli uomini di volta in volta sono autori del cambiamento.

L’uomo non si limita a vivere nella natura, ma la corregge e la migliora. Qui si apre il campo alle riflessioni coltivate da Leonardo sulla capacità del pensiero umano di immaginare e poi realizzare macchine, ovvero di aggiungere un ulteriore livello alla creazione divina del mondo.

In questo elogio dell’attività creatrice dell’uomo si giunge a un punto che è particolarmente caro a Giovanni Gentile: Ficino enuncia “il concetto del conoscere come attività costruttiva del conosciuto”. La mente umana come strumento che forgia, il pensiero come azione che fa essere i suoi costrutti.

Ficino appare dunque come una naturale premessa rispetto a Vico per cui “verum et factum convertuntur”: la verità e l’azione degli uomini coincidono.

L’apprezzamento per Ficino si estende ovviamente al discepolo Pico della Mirandola e alla sua Oratio de hominis Dignitate. Con essa il pensiero italiano forgia l’idea dell’uomo come essere indeterminato, la libertà dai ruoli fissi o “specifici” (che nel Novecento verrà riproposta nella antropologia filosofica di un Arnold Gehlen) alimenta l’immagine dell’uomo come “libero creatore di sé medesimo” e in quanto tale come spirito che si accosta alla Divinità, non tanto per la virtù contemplativa quanto per l’impulso all’azione.

La priorità dell’agire creativo evidenzia quella che per Gentile è una delle coloriture animiche più forti della ideologia rinascimentale: l’anti-intellettualismo. Un atteggiamento che spesso i rinascimentali mutuano dal modo di fare filosofia che fu di Socrate. Riferendosi specificamente a Leonardo da Vinci Gentile nota che per lui “la filosofia non è sistema, ma è complesso d’atteggiamenti mentali e di idee”.

Autore tra i prediletti da Giovanni Gentile è Giordano Bruno: nel filosofo nolano Gentile coglie la valorizzazione dell’uomo in quanto soggetto capace di costruire il proprio destino e con esso i destini della civiltà. Tale esaltazione della creatività dell’uomo, nella bilancia dei valori della temperie rinascimentale, rappresenta il correttivo rispetto a quel pessimismo, pur animato da forti motivazioni, riguardo ai rovesci della “fortuna” che caratterizza le pagine di Giovan Battista Alberti, di Machiavelli e Guicciardini.

Accanto a Bruno, nel “pantheon” di riferimenti filosofici e nazionali di Gentile, prende posto l’altro domenicano meridionale Tommaso Campanella: definito come “il frutto più maturo del Rinascimento”.

Campanella è importante perché nel suo pensiero si compongono in sintesi i due impulsi apparentemente contraddittori del Cinquecento: la pulsione tendenzialmente materialista del naturalismo (scientifico, etico-politico e artistico) e quella supremazia dello spirito che emerge come istanza superiore dalle pagine dei maestri del neoplatonismo fiorentino.

Campanella afferma che le azioni umane, giuste o sbagliate, trovano la loro “conseguenza” (come riconoscimento positivo o punizione) nell’ambito della storia stessa e se ciò non accade occorre sforzarsi per forgiare una società migliore affinché si incarni l’ideale per che alle azioni seguano i giusti effetti. D’altra parte, quando anche non si riesca a creare una società – indubbiamente utopica – che riconosca un premio per i comportamenti buoni e ripaghi della giusta moneta le azioni dei reprobi, per Campanella, la serenità che accompagna l’azione del giusto così come la fatale agitazione che regna nel foro interiore dei malvagi già rappresentano una soddisfacente manifestazione in terra  di una giustizia superiore a quella dei tribunali.

Ma accanto a questa secolarizzazione del concetto di giustizia, in Campanella si ritrova il riconoscimento della “possanza dell’uomo”, come base per poter confidare nella radice divina dell’essere umano e dunque della sua destinazione sovrannaturale.

Se l’uomo col suo pensiero si eleva al di sopra della natura fino a poter contemplare l’universo nel suo intero, allora egli non può essere considerato come una mera parte della natura stessa: è questo un passaggio che pone il domenicano “magico” Campanella in linea di successione rispetto ai neoplatonici Ficino e Pico.

È proprio questa linea di successione che Gentile ricostruisce ed amplia: il filosofo-ministro parte dalle origini medievali della civiltà nazionale italiana (concordando con lo storico Giovanni Volpe in netta antitesi con la storiografia di Croce), dunque da Federico II e Dante, e si ricongiunge agli spiritualisti che fondarono le premesse ideali del Risorgimento: Antonio Rosmini, Vincenzo Gioberti, fino ad arrivare al Novecento.

Un sentiero “interrotto” a cui dovremmo ricondurci per rimetterci in cammino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà reso pubblico.