Torna “Destra e Sinistra” di Norberto Bobbio. Una visione sempre più fuori dal tempo?

Torna “Destra e Sinistra” di Norberto Bobbio. Una visione sempre più fuori dal tempo?

di Mario Bozzi Sentieri

Torna in libreria, a trent’anni dalla sua prima, fortunata uscita, il saggio di Norberto Bobbio Destra e sinistra – Ragioni e significati di una distinzione politica. Quando uscì, nel marzo 1994, alla vigilia delle elezioni politiche che avrebbero portato alla nascita del primo governo Berlusconi, il saggio di Bobbio fu un utile occasione per ripensare il senso di una distinzione culturale oltre che politica rispetto alla quale si erano accumulati molti ritardi interpretativi e che tuttavia sembrava ritornare, sull’onda del bipolarismo, al centro del confronto politico.

“Destra e sinistra – si chiedeva il filosofo torinese – esistono ancora? E se esistono ancora, e tengono il campo, come si può dire che hanno perduto del tutto il loro significato ? E se hanno ancora un significato, qual è?”.

Per quanto “aperte”, a questo tipo di domande Bobbio diede delle risposte molto rigide e datate, tutte giocate intorno alla tesi secondo cui  “la destra è per la gerarchia e la sinistra per l’uguaglianza”, tesi da cui discenderebbe che gli uomini di sinistra sarebbero più impegnati nella loro azione politica ad attenuare e ridurre i fattori della disuguaglianza, mentre coloro che si dichiarano di destra sarebbero convinti che la disuguaglianza è un fatto ineliminabile e dunque sarebbero impegnati a lasciarla tale e quale.

Pur con questi limiti di fondo, che nascevano da una lettura ideologico-moralistica della realtà, in linea con la tradizione azionista, quando  uscì il testo di Bobbio fu utile, in un quadro politico segnato da profondi cambiamenti (la fine dei partiti della Prima Repubblica, il dirompente impegno politico  di Silvio Berlusconi, in grado, in pochi mesi, di bloccare  la travolgente avanzata della “gioiosa macchina da guerra”  dei postcomunisti, l’arrivo al governo della destra post-missina e della Lega Nord) per mettere in evidenza alcune delle ragioni culturali, oltre che politiche, in campo e per dare conto del lavorio scientifico sviluppatosi, seppure in sordina,  nel corso degli anni, sull’argomento.

Fu un piccolo passo per iniziare almeno ad interrogarsi sulle rispettive tradizioni culturali, laddove, per decenni, alla destra era stata preclusa ogni legittimità e dignità, nel nome di una becera discriminazione. Non a caso, dopo il fortunato Destra e sinistra di Bobbio, che vendette 300mila copie nei primi dieci mesi, la pubblicistica e la ricerca storica intorno alla destra e alle sue diverse ascendenze culturali ed ideali arrivarono  a valanga, scoprendo un filone che, ancora oggi, pare inesauribile. Nel contempo, stagione dopo stagione, legislatura dopo legislatura, la destra italiana è andata affinando ed aggiornando le proprie tesi di fondo, in un processo d’integrazione politica e culturale che ha portato alla nascita del Governo Meloni.

Non comprendere quanto è avvenuto negli ultimi trent’anni sugli scenari della politica italiana, congelando la realtà al 1994 appare – alla prova dei fatti – come  un’operazione regressiva, utilizzando il testo  di Bobbio come un’ arma ideologica piuttosto che come un parziale strumento di interpretazione storica.

In questo senso va Nadia Urbinati, che, nell’introduzione alla nuova edizione di Destra e sinistra, riproposta dall’Editore Donzelli, radicalizza le analisi del filosofo torinese, assimilando “i nemici dell’eguaglianza” ai “nemici della democrazia”, facendo balenare l’idea di una destra razzista, in quanto legata all’idea della “mono-etnia”, pronta a cavalcare una politica discriminatoria, ieri sociale oggi rivolta agli immigrati. 

Molto più interessante sarebbe stato  chiedersi quanto dell’originario bagaglio culturale della destra è andato trasformandosi alla luce delle mutate condizioni sociali e culturali emerse dal 1994 ad oggi; quanto è ancora valido delle distinzioni storiche tra destra e sinistra; su quali crinali viene delineandosi la nuova antinomia; con quali diverse capacità di risposta alle nuove crisi si sono mosse destra e sinistra.

In realtà – lo si è visto alla vigilia delle elezioni del settembre scorso, allorquando l’argomento principe della sinistra, politica, culturale e giornalista, è stato il tormentone dell’abiura verso il Ventennio (a cent’anni da quell’esperienza) – a sinistra si è giocata la carta del proprio “nostalgismo”, perdendo di vista la realtà, i problemi reali del Paese, dimostrandosi così incapaci di dare risposte adeguate alle trasformazioni intercorse dalla fine del “secolo breve”, con il suo denso concentrato di conflitti, rivoluzioni, radicalismi politici, ed un Terzo Millennio segnato  dalle ascendenze globaliste, dall’emergere di nuove Potenze mondiali, dal tramonto di storiche appartenenze ideologiche.

Di questi processi, di portata epocale, i “cultori” dell’opera di Bobbio non sembrano volersi accorgere, confessando candidamente – come fa la Urbinati – della fatica a capire l’identità della destra, cercando però una sintesi risolutiva nell’ennesima “convergenza” a destra delle due forme storiche dell’ inegualitarismo: quella liberal-liberista (a base economica) e quella autoritaria o gerarchica (trasposizione politica di un anti egalitarismo economico e sociale).

La destra “immaginata” come antidemocratica in realtà appartiene ad un’altra stagione della Storia politica e culturale europea (una destra anti illuminista e controrivoluzionaria “costretta” a misurarsi con il trauma epocale della Rivoluzione borghese  dell’89) a cui faceva da riscontro, sul fronte opposto, una sinistra critica verso il potere politico costituzionale, intimamente sovversiva e sostanzialmente anti democratica.

Oggi sono ben altri gli scenari competitivi su cui si muovono destra e sinistra. Gli stessi richiami alla “tradizione” nazionale, tipici della destra politica, trovano nuove declinazioni sociali, in grado di rispondere alle fasce deboli della popolazione, laddove i richiami egalitari di una sinistra dalle ascendenze radical-borghesi mostrano le debolezze dei suoi paladini, rinserrati in un neo individualismo dei diritti, lontano dalle domande del Paese reale.

I  risultati – elettorali e non solo – si sono visti, segno della  debolezza “strutturale” di una sinistra impegnata ad immaginare un nemico inesistente (la destra egoista e gretta), fino al punto da considerarsi  – a torto – l’incarnazione  del Bene assoluto. 

Di ben altro dunque, che qualche ristampa datata, ci sarebbe bisogno. A partire  – usiamo  un’immagine di Bobbio – dalla necessità di guardare le cose con un certo distacco ed evitando di confondere i fatti con le  opinioni, i propri orientamenti con una visione falsata delle realtà.

Un nuovo lessico politico  sta emergendo a destra. Ha ovviamente un suo radicamento culturale, ma sa andare oltre i vecchi schematismi. Nasce sulla base delle vecchie distinzioni, ma sa allargarle guardando alla realtà, alle domande della società e quindi aprendosi ad essa, puntando sugli  elementi identificativi in grado di informare, di dare forma, al contesto civile, ponendosi  il problema di come sviluppare politiche inclusive. Messa da parte la facile propaganda d’annata qui si gioca la nuova la nuova partita identitaria. Chi voglia intendere, intenda…

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