di Mario Bozzi Sentieri
Sabato 1 Ottobre si è tenuta , a Lonigo (Vicenza), la IV Giornata Nazionale della Dottrina sociale della Chiesa, organizzata da “La Nuova Bussola Quotidiana”, dall’Osservatorio Cardinale Van Thuân e dal Coordinamento Nazionale Justitia et Pax per la Dottrina sociale della Chiesa. Tema dell’incontro “Proprietà privata e libertà: contro lo sharing globalista di Davos”. Si tratta di un tema cruciale e di grande attualità, finalizzato a focalizzare le minacce alla proprietà privata, oggi sotto attacco da parte di una “guerra globalista”, che mira a scardinare quello che Mons. Giampaolo Crepaldi, uno dei relatori dell’incontro di Lonigo, ha definito il “principio fondamentale della Chiesa”: la destinazione universale dei beni. Un tempo a muovere l’attacco era il socialismo ottocentesco. “La proprietà è un furto” scriveva Pierre-Joseph Proudhon. Oggi la manovra appare ben più sottile, abilmente veicolata dai centri studi internazionali e dai teorici della società del Terzo Millennio.
“Benvenuti nell’anno 2030. Benvenuti nella mia città, o dovrei dire ‘la nostra città’. Non possiedo niente. Non possiedo un’auto. Non possiedo una casa. Non possiedo elettrodomestici o vestiti”: iniziava così un intervento di Ida Auken, ex ministro dell’ambiente della Danimarca, preparato in occasione del World Economic Forum del 2016e poi pubblicato da “Forbes”.
Rotto l’argine tutto può diventare “sharing”, a noleggio, segno di una precarizzazione di massa dai risvolti inquietanti.
L’interesse per la Giornata del 1° Ottobre prossimo deriva anche dal fatto che vi partecipano 36 associazioni aderenti al Coordinamento Nazionale Justitia et Pax per la Dottrina sociale della Chiesa, provenienti un po’ da tutta Italia.
“La necessità di coordinarsi – ha scritto, presentando l’iniziativa Stefano Fontana, direttore dell’ dall’Osservatorio Cardinale Van Thuân – nasce non solo dal fatto che il sistema sociale e politico si fa sempre più aggressivo contro l’uomo, ma anche perché nella Chiesa sta di molto diminuendo l’interesse per la Dottrina sociale della Chiesa intesa in un certo modo. Prevale oggi un pastoralismo privo di dottrina, il quale dimentica che la Dottrina sociale della Chiesa è un ‘corpus dottrinale’ e dà vita ad un autentico sapere, che entra poi in dialogo con gli altri saperi che riguardano la società e la politica”.
I recenti orientamenti della Chiesa sembrano effettivamente guardare più alla denuncia sociologica che all’elaborazione di efficaci contromisure, come era stato nel passato, a partire dall’Enciclica “Rerum Novarum” (1891) emanata da Leone XIII, frutto di un complesso lavorio intellettuale, che aveva coinvolto la cultura cattolica dell’epoca, alternativa al giacobinismo, alla rivoluzione liberal-borghese e all’emergente ondata marxista. Centrale in quel “progetto” il ricostruito ordine corporativo, inteso – per dirla con Giuseppe Toniolo, il maggiore esponente del pensiero cattolico sociale di fine Ottocento – non certo con finalità di mera restaurazione, ma quale strumento rappresentativo della società reale, dalla famiglia al Comune alle professioni.
Le encicliche seguenti la “Rerum novarum” si sono mosse su questa linea di pensiero, ribadendo sempre la centralità dell’integrazione sociale, nel nome dell’Idea “Tutti proprietari, non tutti proletari”. Nella Quadragesimo Anno , promulgata il 15 maggio 1931, Pio XI afferma le implicazioni etiche dell’attività economica, specialmente nell’epoca dell’industrializzazione, motiva le norme di quest’etica sia partendo dal Vangelo sia da principi di etica naturale, descrive i danni che derivano alla società e alla dignità dell’uomo sia dal capitalismo sfrenatamente incontrollato sia dal comunismo totalitario, e insiste sulla necessità della ricostruzione di un ordine sociale basato sui principi della solidarietà e della sussidiarietà. Centrale è il tema della giusta ripartizione perché “non può una classe escludere l’altra dalla ripartizione degli utili”. Mentre Pio XI spinge per una maggiore solidarietà e collaborazione tra lavoratori e datori di lavoro, viene stigmatizzato il capitalismo lasciato senza regole morali e legali, specialmente quello espresso dalle società di capitali anonime che riescono ad imporsi agli stessi stati. L’ordine sociale esige perciò che il capitalismo sia governato da leggi giuste per evitare che prevalgano gli interessi individuali su quelli della collettività.
Giovanni Paolo II, con la Laborem exercens (14 settembre 1981) rammenta: “Le numerose proposte avanzate dagli esperti della dottrina sociale cattolica ed anche del supremo Magistero della Chiesa. Queste sono le proposte riguardanti la comproprietà dei mezzi di lavoro, la partecipazione dei lavoratori alla gestione e/o ai profitti delle imprese, il cosiddetto azionariato del lavoro, e simili”.
L’impressione è che questa ricca tradizione sociale e culturale non sia più sufficientemente valorizzata e divulgata dalla stessa Chiesa Cattolica.
E’ un peccato che ciò avvenga, particolarmente oggi, allorché, in una fase di profonde trasformazioni economiche e sociali, si sente particolarmente la mancanza di organiche indicazioni costruttive e ricostruttive, che riescano a ridare nuova consapevolezza ai lavoratori; che sappiano declinare, sul piano degli istituti rappresentativi (a livello di azienda e di sistema Paese), il richiamo a principi extraeconomici; che indichino realistici meccanismi ridistributivi; che ridiano centralità ai corpi sociali, sfibrati da una sistematica opera di disintermediazione; che affermino il significato della proprietà – è il tema della IV Giornata Nazionale della Dottrina Sociale – intesa quale “diritto naturale inviolabile”, frutto del lavoro, legato alla famiglia e garanzia di libertà concrete.
La rottura auspicata/provocata con lo sharing è un ulteriore passo per l’affermazione di un’idea di società “fluida” senz’anima e senza radicamento, a cui occorre opporre doverose contromisure. Un attento recupero della Dottrina sociale della Chiesa può rappresentare un essenziale strumento di difesa e di risposta.
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